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«Più brava della maggior parte delle altre, ma il talento è nelle palle»

Così Salvador Dalì apostrofò l’artista Leonor Fini

Ancona, 8 marzo 2023 – Nel 1921 André Breton poeta francese, conosce a Vienna Sigmund Freud, psicanalista e filosofo. Resta affascinato dalla sua teoria sull’interpretazione dei sogni attraverso la quale i nostri pensieri e desideri vengono rivelati quando la nostra mente tende a nasconderli. «Il sogno è la via maestra per l’inconscio», queste le parole di Sigmund Freud. Questa esperienza sarà importante per Breton per la stesura nel 1924, del Manifesto del Surrealismo in cui poeti, scrittori e artisti, rivalutano quegli elementi come il sogno, l’irrazionale, il surreale e la follia che consentono la libera espressione delle arti, come la scrittura, la pittura, la musica, il cinema, la filosofia. 

Il movimento culturale del Surrealismo, nato inizialmente come movimento letterario, si propone di andare con il pensiero oltre la ragione che lo controlla, per arrivare a dialogare con il proprio inconscio fino a dargli forma e libero sfogo. Gli artisti che abbracciano la concezione del Surrealismo non vogliono essere inquadrati in una specifica categoria culturale, estetica, morale o sociale, oggi potremmo definirli unconventional. Molte delle produzioni artistiche di quel periodo rappresentano l’immagine dell’inconscio.

Si dipinge il sogno, ciò che affiora nell’artista nella paralisi del sonno o durante un’esperienza ipnotica o allucinatoria o durante un qualsivoglia altro stato alterato della coscienza, con sperimentazioni e innovazioni in campo artistico.

Nell’arte pittorica surrealista la donna è la musa ispiratrice e il suo corpo diventa il soggetto creativo per eccellenza. Viene disegnato nelle sue numerose declinazioni ma è lo sguardo maschile, quel feticismo che nutre verso il corpo femminile, quasi ai limiti del fanatismo che tende a sessualizzarne la figura, quasi a farlo diventare l’oggetto dei desideri.

Nusch Éluard, moglie del poeta Paul Éluard, amico di Breton, è uno dei corpi più noti del Surrealismo e verrà immortalata da Man Ray in numerose fotografie.

Tra le donne fatali che hanno posato per Man Ray, emblema del fascino e della seduzione è Kiki de Montparnasse, a seguire Berenice Abbott, Lee Miller, Dora Maar, Virginia Woolf, Elsa Schiapparelli, Coco Chanel.

Kiki de Montparnasse è lo pseudonimo di Alice Prin, ballerina, cantante e prostituta molto conosciuta nei locali di Parigi. Quando incontrò nel 1921, Man Ray, fu amore a prima vista.  Il fotografo ammaliato dalla sua spregiudicatezza, la consacrerà,  complice il suo corpo perfetto, nel famoso scatto del 1924, Le Violon d’Ingres.

La copia fotografica originale del famoso ritratto Le Violon d’Ingres  che  sintetizza l’amore di Man Ray per la sua Kiki, è stata battuta in asta  Christie’s, nel 2022, per 12,4 milioni di dollari, un record per una fotografia. L’originale iconico scatto oggi si trova al Musée National d’Art Moderne di Parigi.

Musée National d’Art Moderne di Parigi

Nella casa di Parigi, i coniugi Breton erano soliti ricevere gli amici, tra i quali Benjamin Péret, Robert Desnos, Max Morise e Paul Éluard. Un documento inedito proveniente dagli Archives du surrealisme tra la fine del 1927 e il 31 gennaio del 1928, mostra che a casa loro si svolgevano sedute di autoanalisi collettive dove si faceva anche il gioco della verità. Il gioco consisteva nel mettere sotto esame La femme (La donna) assegnando da -20 a +20 punti alle sue caratteristiche fisiche e non solo. Le voci alle quali attribuire i punti, erano seni, capelli, bocca, occhi, denti, gambe, ventre, braccia, peli, lingua, sesso, natiche, mani, orecchio, piede, nuca, collo, anche, andatura, sonno, modo di “svestirsi”, pudore, voce, riso, naso, sguardo, pulizia, cortesia, volgarità, cattiveria, bontà, perversione, rigore, odore, profumi, nome, silenzio durante l’amore, iniziativa, giovinezza, vecchiaia, tenerezza, gelosia, libertà mentale, altezza, eleganza, estraneità, autoritarismo.

Il risultato raggiunto fu abbastanza concorde. Furono premiati occhi, sguardo, seni, collo, mani, che ebbero la meglio sul lato B. L’eleganza fu molto apprezzata al contrario delle buone maniere che riportarono voto 0,  perché considerate dai giocatori, indice dell’ipocrisia borghese. Il voto più basso -20 andò al pudore, alla gelosia, al silenzio nel fare l’amore e alla volgarità mentre il voto più alto +20, andò alla libertà mentale, alla perversità e alla stravaganza. Il documento riporta che la moglie di Breton, Simone, s’interruppe alla settima voce e scriverà “un gioco assai idiota, benché sul momento divertente”.

Juliet, 1944

Paola Dècina Lombardi che ha curato il libro La donna, la libertà, l’amore. Una antologia del surrealismo, Oscar Mondadori, 2008, offre un importante contributo per la conoscenza del movimento artistico e letterario che ha segnato il Novecento.

Il volume oramai introvabile che completa l’altro lavoro della curatrice, Surrealismo 1919-1969,  è stato riproposto dalla casa editrice Electa con una nuova veste grafica, in occasione della mostra che si è conclusa a febbraio 2023 a Palazzo Reale di Milano, dedicata a Max Ernst.

L’autrice a proposito degli incontri a casa Breton afferma che «Le dodici sedute testimoniano quanto i surrealisti, guardando alle nozioni freudiane di principio del piacere e principio di realtà, tentino di liberarsi da inibizioni e tabù interrogandosi sui termini della morale sessuale».

Se da un lato i surrealisti tentano di intendere l’amore come trasgressivo, dove l’ironia e il gioco sembrano prevalere sulla morale, è anche vero che l’amore, come la poesia,  sono l’ultimo baluardo dell’individuo di fronte al nulla. André Breton scriverà la poesia si fa in un letto come l’amore e le lenzuola sfatte son l’aurora delle cose.

“Personnages sur une terrasse” dipinto da Leonor Fini a Parigi nel 1938

Pur promuovendo la partecipazione alle arti da parte delle donne e l’uguaglianza dei generi, non si fa mistero sulla componente misogina del suo principale teorico André Breton e del movimento surrealista che attraeva le donne per il valore che dava all’abbattimento di ogni convenzione.

Tra le principali artiste del movimento d’avanguardia, che si distinsero per le loro abilità artistiche e come donne capaci, eclettiche, libere e anticonformiste, troviamo Leonora Carrington, Meret Oppenheim, Remedios Varo, Kati Horna, Elsa Schiaparelli, Frida Khalo e  Leonor Fini, di cui Salvador Dalì, il “dandy con i baffi”, nato nel 1904 (quest’anno ricorre l’anniversario per i 120 anni dalla sua nascita), considerato uno dei massimi esponenti del surrealismo, con il suo stile inconfondibile dirà: «Più brava della maggior parte delle altre, ma il talento è nelle palle»

Questo a dimostrazione che molte delle artiste operavano sotto l’egida dei loro colleghi che non favorivano, con il loro atteggiamento sovrastante, quasi egemonico, la loro crescita artistica e professionale. La stessa Oppenheim, in occasione delle riunioni del movimento, veniva considerata una semplice allieva alla quale riservare i soli commenti dei colleghi già affermati.

Queste donne che aderirono al surrealismo e contribuirono al suo sviluppo, mantennero uno spirito critico, soprattutto per la scarsa inclusività ma anche per i limiti dello stesso a recepire, attraverso l’arte, le grandi sfide culturali dell’epoca, quali l’emancipazione e la parità dei generi.

Leonor Fini

Leonor Fini nasce a Buenos Aires nel 1907, da madre italiana e padre argentino. Dopo la separazione, la madre rientra con i figli a Trieste dove Leonor, frequenta i salotti borghesi e i caffè letterari dove erano soliti riunirsi intellettuali del calibro di James Joyce, Italo Svevo, Umberto Saba. Inizia a dipingere molto giovane pur non avendo una formazione artistica.

Nel 1933 si trasferisce a Parigi e aderisce al movimento del Surrealismo. Inizia a sperimentare nuove tecniche e metodi come l’automatismo pittorico in cui vengono liberati i messaggi inconsci attraverso la casualità delle immagini, uno stile che potremmo definire come modello d’arte puramente interiore.

Partecipa a mostre collettive International Surrealist Exhibition alle New Burlington Galleries di Londra, e Fantastic Art, Dada, Surrealism al Museum of Modern Art di New York.

E’ del 1938 la sua prima esposizione personale alla Julien Levy Gallery di New York e Giorgio de Chirico curerà l’introduzione del catalogo della mostra.

Oltre all’arte visiva, la Fini, poliedrica e versatile, si occuperà della produzione di costumi per il teatro, l’opera, il balletto e il cinema. Continuerà a lavorare in Francia dove morirà a Parigi nel 1996.

Il quadro di Leonor Fini, il 29 luglio 2020 viene venduto a New York. Il record dell’asta Sotheby’s sfiora il milione di dollari. L’opera apparteneva alla collezione del milionario Edward James.

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