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Silvia Romano – Aisha – parte 2

Armando Ginesi: “Non le avremo fatto un dispetto a riportarla a casa?”

13 maggio 2020 – Dopo il pane burro&marmellata di ieri, dove ho portato alla cronaca il personale pensiero di Lupo Rattazzi sulla tristissima quanto misteriosa fin qui vicenda di Silvia Romano – a tal proposito, permettetemi di ringraziare i tantissimi commenti e riflessioni garbate di quei lettori che sono scesi in contraddittorio serio senza insultare – oggi, ma poi basta, vorrei porre all’attenzione il pensiero di Armando Ginesi sulla vicenda. Due pensieri, due modi diversi anche sul piano culturale d’affrontare e reagire all’accaduto.

Dopodiché, ci metterei un punto. A Silvia, o Aisha che sia, va riconosciuto il libero arbitrio anche se non sappiamo quanto e se indotto da un kalashnikov. Un proverbio Sioux recita: “prima di giudicare una persona cammina tre lune nelle sue scarpe”. In quelle di Silvia, non ho mai camminato. Presumo che per sesso, visione e aspirazioni mi andrebbero strette. Torniamo a Ginesi, che scrive:

«Capiamoci subito. Così evitiamo interventi fuori tema e obbligate risposte mie al vetriolo. Io sono stato felice – come, credo, quasi tutti gli italiani – nell’apprendere della liberazione della cooperante Ong Silvia Romano ribattezzata Aisha. Ma adesso, dopo l’evolversi della situazione, mi domando:

a) le Ong non sono incoscienti a mandare in giro nelle zone ad alto rischio ragazze di buona volontà ma certamente prive di conoscenze specifiche delle situazioni e, soprattutto, di esperienza?

b) una certa dose di incoscienza non è riscontrabile anche in queste ragazze che, se volessero far del bene agli svantaggiati e sofferenti, avrebbero da fare tanto in Italia, magari all’interno del loro stesso condominio?

c) nella fattispecie, stando alle dichiarazioni della stessa interessata, partita come Silvia e tornata come Aisha, la quale, dopo il primo mese di pianto (comprensibilissimo), gli altri diciassette non li ha trascorsi tanto male. A parte la scomodità di doversi frequentemente trasferire da una nascondiglio all’altro, per il resto non è stata molestata né sessualmente né in altri modi, ha chiesto libri e glieli hanno forniti, ha chiesto una copia del Corano (chissà in quale versione linguistica visto che non parla l’arabo fluidamente) leggendo il quale si è convertita alla religione islamica (più che legittimo), ha chiesto un quaderno (e suppongo anche una penna o una matita) per scrivere una specie di diario e l’hanno accontentata, tranne il sequestrarglielo prima di partire: chissà per quale motivo?;

d) preso infine atto della sua intenzione di ritornare là dove l’hanno rapita (stessa situazione accaduta nel precedente rapimento e liberazione delle due Simone, ricordate, Pari e Torretta sempre cooperanti di una ONG);

mi domando, dicevo: ma non le avremo fatto un dispetto nel riportare lei come le altre due ragazze a casa? Spendendo somme ingenti che andranno a finanziare il terrorismo, in questo ultimo caso, di Al Shabaab? Scomodando servizi segreti di tre Paesi (Italia, Turchia e Somalia)?
La domanda me la sono fatta sul serio, non come battuta.

P.S. Leggo oggi che un suo zio ha detto: “Vuole tornare là? Le brucio il passaporto, piuttosto!”»