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Ramy Shehata, cittadinanza sì o no?

Dibattito aperto sul coraggioso tredicenne egiziano

 

RAMY SHEHATA, CITTADINANZA SI O NO?                                                                                          (Dibattito aperto sul coraggioso tredicenne egiziano)

26 marzo 2019 – Si chiama Ramy Shehata il tredicenne egiziano che con la sua telefonata coraggiosa ha allertato i carabinieri sventando l’attacco al bus di San Donato milanese. Salvando, con tutta probabilità, la vita degli altri cinquanta suoi compagni di scuola e un paio d’insegnanti. E questa ormai è cronaca.

Ramy non ha la cittadinanza italiana, pur essendo nato in Italia. E non ce l’hanno neppure i suoi familiari. Per la legge corrente dovrà aspettare il compimento dei 18 anni per averla. Ramy la vuole con tutto se stesso: «Voglio diventare italiano – ha detto – sono nato qua. Volevo vedere cosa sarebbe successo a Salvini se tutti fossero morti. Tutti sarebbero andati contro di lui. Se tutti lo ringraziano è grazie a me. Salvini all’inizio ha detto sì, poi no. Di Maio vuole darmela, quindi mi fido di Di Maio. Vorrei che anche gli altri la ottenessero, ma non sono io a decidere».

Non male per essere un tredicenne, per giunta di origini egiziane, nel senso di poco avvezzo alle regole e alle leggi di casa nostra.

A caldo, subito dopo il lieto fine della vicenda, la cittadinanza gli era stata promessa visto il suo gesto eroico. Ma ieri sera il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini è tornato sui suoi passi: «Ramy si fida di Di Maio per ottenere la cittadinanza? Io mi fido della legge. Io devo rispettare la legge e farla rispettare. Stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso. Purtroppo, a stasera, non ci sono gli elementi per concederla. Le cittadinanze non le posso regalare – ha ribadito il vicepremier – e per darle ho bisogno di fedine penali pulite».

Parrebbe, infatti, che nel curriculum familiare di Ramy sia stato trovato un parente stretto che ha collezionato una lunga serie di reati. Un parente stretto… E va bene, ma che c’entra Ramy? Siamo al solito tema, “le colpe dei padri non possono ricadere sui figli?”

Così come non possono ricadere su Ramy gli scontri politici in atto fra Lega e M5S in vista delle imminenti elezioni europee. Quel ragazzino è stato davvero in gamba. Sarà stata l’incoscienza dell’età, o una maturazione precoce dovuta alla sua particolare condizione, sta di fatto che in quella pericolosa situazione di caos lui si è mosso con coraggio e prontezza di spirito. Senza stare a domandarsi di che nazionalità fossero i suoi cinquanta compagni di sventura.

Premiarlo concedendogli la cittadinanza è il minimo che lo Stato possa fare per dirgli grazie. Perché, oltretutto, Ramy è italiano a tutti gli effetti. Che piaccia o no. E anche per evitargli la remota possibilità di emulare il curriculum messo insieme dal suo ‘parente stretto’.