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Pane burro & marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione

 

TROPPO MASCOLINA, NON È STUPRO!                                                                                           (L’assurda sentenza di tre giudici donne ad Ancona)

Ancona, 11 marzo 2019 – Lui, lei, l’altro. Una storia anconitana di quasi ordinaria follia andata in scena sul palcoscenico della vita una sera di marzo 2015. Lui e l’altro sono amici, lei, Nina (nome di fantasia, ribattezzata così dalla collega Maria Elena Vincenzi di Repubblica.it), è una ragazza di origini peruviane. I tre sono coetanei, 22enni, e frequentano una scuola serale. Una sera di marzo, terminata la scuola, decidono di bere una birra insieme.

Le birre diventano parecchie e, fra una birra e l’altra, lui e Nina decidono di appartarsi più volte per fare sesso, mentre l’altro fa da palo. Una, due, tre volte… consensuali per i maschietti, solo all’inizio per Nina che, dopo un po’, esprime il suo dissenso in modo esplicito nonostante l’eccesso di alcol.

Qualche giorno dopo Nina si presenta in ospedale con la madre e denuncia di aver subito una violenza sessuale da un coetaneo, mentre l’amico faceva il palo. I medici riscontrano effettivamente lesioni compatibili con una violenza, più un’elevata quantità di benzodiazepine nel sangue che Nina non ricorda di aver assunto.

Dopo le indagini il processo che, il 6 luglio 2016, condanna in primo grado lui a 5 anni e l’altro, il palo, a tre. I due imputati ricorrono e il 23 novembre 2017 la Corte d’Appello dà loro ragione. Li assolve perché non ritiene credibile la ricostruzione fatta da Nina. Normale procedura processuale.

Quel che non è normale, sono le giustificazioni addotte dalle tre giudici che definiscono Nina come “la scaltra peruviana”; non escludendo che sia stata lei “a organizzare la serata goliardica, a bere tanto al pari degli altri e a stuzzicare le voglie di lui”. Tanto più, si legge nella sentenza, che Nina non piaceva affatto a lui, troppo brutta, troppo mascolina, al punto che lui la chiamava “Vichingo”.

Nina, secondo le tre giudici, non poteva essere desiderata e dunque stuprata perché sembrava un maschio (e hanno accluso al fascicolo una sua foto per sostenere tale tesi). Forse, dimenticando che il loro ruolo era quello di giudice in una causa penale, non quello di giudice in un concorso di bellezza!

La Cassazione, a riprova che una giustizia esiste, ha annullato il verdetto delle tre giudici donne e ha ordinato di rifare il processo per: “vizi di legittimità”. Nell’attesa, oggi pomeriggio alle 13.30 un gruppo di donne si ritrova in Via Giosuè Carducci di fronte alla Corte di Appello di Ancona per protestare: “contro questa sentenza vergognosa!