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L’Ancona i Playoff e le offese social

L’allenatore dei dorici preso di mira dopo la sconfitta con la Recanatese

Camerano, 24 aprile 2023 – Rabbia, frustrazione, storici dilemmi, incavolature profonde. Tutto questo e anche qualcosa di più devono aver provato – anzi, hanno provato – i tifosi dell’Ancona dopo che ieri i dorici, nell’ultima di campionato di Serie C, sono andati sotto 4-0 al Tubaldi ospiti della Recanatese. La Re-ca-na-te-se, si badi bene, matricola di questo campionato. Come può la blasonata Ancona che vive ancora dei fasti storici di una lontana Serie A, soccombere 4 a 0 contro una matricola di una piccola provincia che la Serie A l’ha sempre e solo guardata in televisione?

La Re-ca-na-te-se, ragazzi, per la seconda volta in Serie C nella sua storia dopo la prima risalente alla stagione 1947/1948, un’annata che terminò con la retrocessione. Il massimo mai raggiunto dai leopardiani.

Verrebbe da rispondere: “questo è il calcio, bellezza!”. Ed è lo sport più bello del mondo proprio per questo: non sempre vince la squadra più forte, la società meglio organizzata o con più soldi da spendere. A volte capita che una squadretta appena arrivata sulla scena sia in grado di dare una sonora lezione ad avversari molto più blasonati. Poi, è chiaro, c’è modo e modo di perdere una partita. E i tifosi, quelli veri, quelli che di calcio ne masticano assai, magari con una presenza fissa tutte le domeniche in Curva Nord, lo sanno benissimo.

Tifosi seri, che applaudono e cantano dal primo all’ultimo minuto a prescindere dal risultato. Purché, e qui sta il vulnus della questione, chi va in campo lo faccia sputando sangue, onorando e sudando la maglia fino in fondo, rispettando con la prestazione i sacrifici di chi ogni domenica è sempre presente ad incitare. Se fai questo, puoi anche perdere perché come detto nel calcio ci sta. Se non lo fai, allora abbassi la testa, chiedi scusa e accetti le critiche. Perché se t’inebri dei complimenti e degli applausi di chi ti sostiene quando vinci, così ti rattristi per i fischi in caso di sconfitta.

Tutto questo era valido e succedeva fino all’altro ieri, poi è arrivato internet, i social, Facebook e i vari gruppi. Un mondo senza controllo dove ognuno può scrivere ciò che vuole. Il massimo della libertà d’espressione possibile. Peccato che questa libertà permetta – senza filtri – anche l’insulto, l’acredine, le offese.

Ecco allora che un allenatore che prova a difendere la propria squadra – bastonata duramente sul campo – rivolgendosi ai tifosi e sostenendo la tesi che i suoi, comunque, hanno messo gli attributi in campo, venga in qualche modo travisato. Un gesto che vorrebbe significare proprio questo viene interpretato come uno sfottò, una mancanza di rispetto verso i tifosi e… apriti cielo!

Sui social scoppia il finimondo. Insulti ed offese si sprecano, si chiede la testa di quell’allenatore e lo si bolla come inadeguato al ruolo e alla città. E più lui cerca di spiegarsi, più aumentano le offese. E pensare che solo sette giorni prima quell’allenatore, appena arrivato in sostituzione di un altro, era stato osannato da tutti per aver portato a casa un risultato più che positivo.

“Questo è il calcio, bellezza!”. No, questo non è il calcio. Questa è gogna mediatica, insulto libero, mancanza assoluta di rispetto e non si può accettare a compensazione di una frustrazione. Anche perché l’Ancona, piaccia o non piaccia, si giocherà i Playoff comunque. E non sta scritto da nessuna parte, come invece sostengono certi leoni da tastiera, che uscirà alla prima partita. Il potenziale per andare fino in fondo ce l’ha. Ce l’ha la società e ce l’ha la squadra, allenatore compreso. Perché nel calcio può succedere di tutto e le somme si tirano sempre alla fine. E ancora non è finita!

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