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La felicità di Piera

“Abbiamo voluto di più ma abbiamo ottenuto di meno”

23 agosto 2021 – Passiamo la vita a rincorrerla quotidianamente, ma cos’è la felicità? Secondo alcuni ricercatori, chi ha una vita felice prova significative esperienze di gioia, unitamente alla convinzione che la propria esistenza sia utile e dotata di uno scopo. Un appagamento esistenziale, dunque, che spesso dura quanto un battito di ciglia. Ma è la stessa sempre, o cambia a seconda dei mutamenti sociali?

Viviamo, per ovvie ragioni, un’era poco felice, ma questo non significa che oggi la nostra esistenza non sia utile o priva di scopi. Resta però il rammarico per quel tempo che non c’è più, per quel vissuto passato che ci portiamo dentro e che spesso coincide con la nostra gioventù. Una felicità, da non confondere con la spensieratezza, che illuminava a sprazzi il nostro modo di vivere, le nostre abitudini, i nostri riti tramandati, del tutto trasformati oggi dalla scienza, dalla tecnologia, dalle metamorfosi sociali. A darne un esempio è l’amica Piera Alessio (foto) in un post che riporto di seguito: viviamo più a lungo, non c’è dubbio, ma davvero viviamo meglio?

Io me la ricordo la felicità. Era fatta di operai che andavano al mare quel giorno di agosto, tutti.

Con le macchine senza aria condizionata, con i portapacchi pieni di valigie e le autostrade senza bollini neri. Erano gli anni dove i pensionati potevamo permettersi la giusta ricompensa dopo una vita di sacrifici, erano gli anni delle spiagge con i tavolini e le paste al forno, e quei contenitori frigo, più forniti dei supermercati.

La felicità, con quelle sedie pieghevoli e quei caffè nei termos a fine pranzo, le foto con i rullini, i discorsi tutti insieme a fine pranzo, i bambini che facevano i bambini. Le città deserte, per il pane dovevi andare al centro perché tutti sapevano che (forse) lì c’era un supermercato sempre aperto.

Aveva un altro sapore la felicità, le discoteche in spiaggia, fatte di legno con le lampadine colorate, le ragazze sedute che aspettavano l’invito per ballare quei lenti e conoscersi meglio, e i ragazzi che sbirciavano con timidezza: eravamo più estranei e molto più intimi senza sapere ancora il nome.

Noi, con una chitarra e un fuoco in spiaggia, avevamo il paradiso; noi in cerchio e una bottiglia che girava trovavamo un bacio, e porca puttana, ti capitava sempre quello che non ti piaceva!

Noi, figli dei francobolli e delle cartoline tanti saluti dal mare che li spedivamo sempre l’ultimo giorno, forse per questo avevano il sapore amaro quei francobolli quando li leccavi, perché le vacanze finivano, ma si tornava a casa felici, senza bollette arretrate nei cassetti, con le cartoline che arrivavano in autunno, con la serenità nella testa e la speranza sempre a portata di mano.

Invece oggi il 15 d’agosto i centri commerciali sono sempre aperti, le città sempre più popolate, i pensionati li vedi lì, sotto qualche albero per un po’ di fresco. Ci facciamo sempre più foto (una montagna di foto) senza il bisogno di andarle a sviluppare, e qui, ci hanno fregato l’attesa. Andiamo in spiagge organizzate e devi rispettare i limiti, e qui, ci hanno fregato gli spazi.

Abbiamo voluto di più ma abbiamo ottenuto di meno. Abbiamo ottenuto uno smartphone per parlare con il mondo, e qui, ci hanno fregato la voglia di stare insieme. Io me la ricordo la felicità, rimaneva a te, sulla pelle, e non aveva nessuna password”.

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