Argomenti per categorie

IN TRINCEA – 18 marzo 1932

Chissà cosa avresti detto oggi – di Maria Teresa Chechile

Jesi, 21 marzo 2020 – Maria Teresa Chechile è un’infermiera jesina. Una dei tantissimi operatori ospedalieri che in questi giorni sono al fronte, in prima linea, a combattere per tutti noi – e per la salvaguardia delle nostre vite rischiando la propria – una guerra che non ha eguali nella nostra memoria. Nella ricorrenza del compleanno di suo papà, che purtroppo non c’è più, lo ha voluto ricordare come segue: un occhio al passato e uno ai nostri giorni d’isolamento forzato.

Ciò che scrive, di una forza e sensibilità assoluta, tocca le coscienze di ognuno di noi. La storia si ripete. Si modifica nei contesti e nei modi di resistere degli individui ma l’angoscia e la paura che produce è sempre la stessa.

«Forse avresti ripetuto le stesse parole d’allora, quando ci raccontavi di guerra, di miseria e di sirene che suonavano ad annunciare il coprifuoco. Di nemici che avanzavano, di alleati e di paure e nascondersi ognuno alla meglio, chi nelle grotte o tra gli anfratti o rinchiusi in casa perché arrivavano i bombardieri, le rappresaglie. Tra le razzie di chi,  e  come meglio poteva, raccoglieva quel po’ che era concesso per sfuggire alla morte.

Oggi come allora la scena è la stessa. Il muoversi delle masse in fretta, assaltare le diligenze dei treni e dei negozi e poi scendere in battaglia armati di mascherine, guanti e disinfettanti per difendersi dal nemico. Ma questa volta il nemico è invisibile. Non ci abbracciamo per farci coraggio, stringendoci l’uno all’altra ma, sai, ci evitiamo per salvare la pelle. Non ci ritroviamo nei covi comuni ma ci guardiamo senza neanche parlare, come se il nemico al solo sentirci potesse farci male.

Avresti rivisto, oggi, quella storia. Si, diversa eppure simile. Avresti concluso che siamo in guerra. Ma sai papà, è una guerra che non ha fucili né mimetiche ma siamo armati uguale. L’uniforme bianca ne fa dei generali, dei comandanti o dei soldati semplici. Ché dai balconi si canta e si balla e si sfida la sorte. È oggi come allora il canto dei popoli. Mi raccontavi di bandiere troneggianti come vessilli e dentro le case a pregare coi lumi sempre accesi. Era, allora, la guerra dei confini e della supremazia, oggi è la guerra del confinare un virus in gabbia. Traditore e fautore del “vivere è sempre quello “.

Ecco papà, cosa c’è di nuovo sotto il sole: nulla di nuovo. Ritorneremo a sventolare bandiere tricolori tra piazze e città, oggi vuote o tali, e ad annunciare: la guerra è finita!»