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Il vessato di Manduria

14 giovani indagati per la morte di Antonio Cosimo Stano

29 aprile 2019 – La vicenda ormai la conoscono tutti. Antonio Cosimo Stano è il pensionato 66enne di Manduria (TA) trovato dalla polizia il 6 aprile con lo stomaco perforato e una vasta emorragia intestinale. Morto in ospedale dopo giorni e giorni di agonia. Ad ucciderlo una baby gang di 14 giovani, in larga parte minorenni, che lo avevano preso di mira da mesi vessandolo e seviziandolo in ogni modo nell’indifferenza  assoluta della gente del posto, che pure sapeva.

Le prove per inchiodare i 14 deficienti ci sono tutte: talmente stupidi da filmare le loro inaudite violenze con i telefonini per poi scambiarsi i video. E, nonostante ciò, gli abitanti del posto e gli stessi genitori continuano ad osservare il massimo riserbo senza intervenire. Omertà totale, o quasi.

C’è chi qualcosa l’ha detta, come una maestra della scuola elementare di Manduria dove ha studiato più di qualcuno tra i 14 indagati per la morte di Stano. «Questi ragazzini vivono in un contesto d’impunità fin da piccoli – ha detto l’insegnante – con genitori pronti a difenderli sempre e comunque, pur davanti ad evidenze vergognose. Accusare una comunità è azzardato – ha continuato – piuttosto concentriamoci su questi ragazzini sempre più sfrontati. E su quei genitori che si sentono in diritto di inveirti contro perché hai osato rimproverare l’alunno».

Duro anche lo sfogo del dott. Saladino, Prefetto di Taranto, che ha denunciato l’omertà della gente: «Un silenzio assurdo ha avvolto e cullato la brutalità delle aggressioni subite nel tempo da Antonio Cosimo Stano – ha dichiarato – Se i bulli invece che con quel pover’uomo se la fossero presa con un cane, ci sarebbe stata la rivolta popolare. Nessuno ha mai fatto segnalazioni ai servizi sociali. Stano è stato chiuso e isolato in una casa, in una strada, in una comunità. Un essere umano che abitava davanti a una parrocchia lasciato solo. Neanche il prete ha segnalato».

Neanche il prete… Non so voi, ma io mi vergogno di quel prete, di quella comunità, di quei 14 figli e dei loro genitori. Mi vergogno d’appartenere alla stessa razza umana capace di simili atrocità. Mi vergogno di quel silenzio complice, di quella mentalità, di quella mancanza d’educazione e di valori. La grido forte la mia vergogna, nella speranza di non essere l’unico a gridare. E ringrazio mio padre per gli sberloni e i calci nel sedere che mi ha propinato quand’ero ragazzino. È grazie a quelle sberle se oggi sono in grado di vergognarmi.