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Europee 2019: al voto! al voto!

Per l’Italia del momento elezioni importantissime

22 maggio 2019 – Finalmente ci siamo, dopo un’estenuante e bruttissima campagna elettorale (mai vista una bella e sana) domenica 26 maggio si voterà per eleggere i 73 + 3 deputati italiani al Parlamento europeo. I tre deputati in più verranno assegnati all’Italia quando il Regno Unito uscirà dall’Unione europea.

Quindici le liste in gioco nelle Marche (Circoscrizione Centro), 214 i candidati per 15 posti al Parlamento dell’Unione. I candidati marchigiani hanno in verità scarsissime possibilità di essere eletti, fungendo più che altro da riempimenti di lista. Senza dimenticare che con lo sbarramento al 4% ci sono compagini che difficilmente riusciranno a portare qualcuno in Europa.

Per la cronaca, in molti Comuni si voterà in contemporanea anche per le Amministrative, una mossa intelligente che farà risparmiare denaro pubblico e che porterà alle urne qualche elettore in più. L’affluenza alle urne è infatti uno dei principali dilemmi dei Partiti in lizza dal momento che nel 2014 hanno votato solo il 57,22% degli aventi diritto. Scendere sotto la soglia del 50% non sarebbe affatto rappresentativo, anche se in democrazia si vince con un voto in più rispetto all’avversario a prescindere dal numero dei votanti.

Non a caso, dunque, i Partiti più rappresentativi e ognuno a modo suo da settimane non fanno altro  che gridare nelle piazze “al voto, al voto!” Ma al voto per che cosa? Per cambiare quest’Europa è la risposta più gettonata, con l’aggiunta di ricette più o meno personalizzate e spesso generiche che anziché spiegare non fanno altro che generare confusione nella testa dell’elettore.

In Italia, la mia personale sensazione è che tutto si possa riassumere in pochi punti. Una riflessione/provocazione non necessariamente condivisibile ma che sulla quale mi piacerebbe conoscere la vostra opinione. Prima di tutto, c’è lo scontro durissimo fra 5 Stelle e Lega; una prova di forza per capire chi conta di più, perché chi conta di più è legittimato dal basso ad esercitare il potere che ne deriva per obbligare l’altro ai propri desiderata. Una cosa è certa: dal 27 maggio niente sarà più come prima.

Poi c’è il Pd di Zingaretti. Queste Europee, per lui, potrebbero essere in caso di netta vittoria la consacrazione definitiva. Nel caso di un pessimo risultato, la bocciatura di una scelta e di un indirizzo politico dato al Partito per nulla condiviso dalla base. Lapalissiano, certo, ma drammatico per il futuro della sinistra.

Poi c’è Berlusconi e la sua Forza Italia. Che fa campagna elettorale in tv a suon di barzellette sul bunga-bunga. Il Cavaliere vuole andare in Europa a tutti i costi “forte della mia esperienza e delle mie credenziali maturate in tanti anni di politica estera” dice lui. Con i suoi miliardi, la sua età, e la sua innegabile capacità di barzellettiere, ormai davvero poco credibile dico io.

In ultimo c’è la Meloni di Fratelli d’Italia. L’unica che potrebbe davvero dare una mano a Salvini per spostare gli equilibri verso un futuro Governo interno di centrodestra. Ma l’Europa non è l’Italia, Lì, in primis, c’è quello sbarramento del 4% da superare…

Il resto conta poco. Non perché non ci siano idee o fede politica o candidati e programmi validi, ma semplicemente perché se non ti votano almeno 5 italiani su 100 un seggio in Europa non te lo dà nessuno.