Argomenti per categorie

Covid-19: c’è Italia e Italia…

C’è chi resiste, chi lotta, chi ne approfitta, chi abusa della scienza

17 aprile 2020 –  Cinque settimane e passa di coronavirus conclamato sono più che sufficienti per disegnare il quadro di una situazione talmente drammatica – e spesso fuori controllo – da renderlo surreale, per certi versi “impressionista”. Un quadro che esalta il meglio e il peggio dell’italianità. I nostri pregi e i nostri difetti, tutto in bianco e nero, perché i grigi non emergono e non fanno notizia. Un quadro che l’amico Armando Ginesi da San Marcello descrive così:

“Ho già scritto su un’Italia che forse non pensavamo esistesse, scoperta in questo orribile frangente del maledetto coronavirus (da oggi scrivetelo sempre con l’iniziale minuscola): capace di generosità, di slanci di altruismo, di spirito di servizio, di senso di abnegazione, di desiderio sincero di assistenza, di disponibilità verso l’altro, di apertura al servizio, di propensione della maggioranza all’obbedienza alle norme stabilite dal governo e suggerite dalla scienza, di operatori della sanità infaticabili e misericordiosi, persino delle forze dell’ordine pietose.

Tutto vero. Da rendere felice il cuore. Ma, ma, ma….! C’è un’altra Italia, quella che conosciamo da sempre, quella che già descriveva magistralmente Francesco Guicciardini nel XVI secolo, l’Italia amante del solo particulare, egoista, composta da furbetti, da disubbidienti cronici, da mascalzoni truffatori, da politici parolai e inconcludenti, incapaci di intendersi anche di fronte ad un nemico, mortale nemico.

L’altra Italia dei tutori dell’ordine stupidi e vessatori (ci sono episodi di sanzioni comminate che fanno vergogna, attribuibili soprattutto ai vigili cosiddetti urbani e che ci fanno pensare che agiscano solo da esattori dei rispettivi Comuni, profittatori della disgrazia generale per far cassa). Gli unici a guadagnarci, assieme ai farmacisti, da questa pandemia. L’augurio che facciamo a noi stessi è che questa seconda Italia rappresenti la minoranza di un popolo di antica e nobile civiltà. altrimenti verrebbe voglia di spararsi.

Scienza al plurale

So bene che la scienza è ricerca continua, che procede per ipotesi le quali poi vanno verificate praticamente, che ogni suo risultato raggiunto può essere smentito e cambiato da uno successivo. Ma non è possibile che in questo caso del coronavirus ogni giorno esca un ricercatore, un primario ospedaliero, uno studioso a dire l’uno una cosa e l’altro un’altra sui meccanismi di un virus, sulle sue possibilità di essere sconfitto con questo o con quel farmaco, che occorre un vaccino del tipo A o del tipo B.

L’unica cosa su cui sembrano tutti d’accordo è sul doversi lavare spesso le mani e mantenere la distanza sociale (a proposito della quale però qualcuno la fissa ad un metro mentre qualche altro opta per il doppio). E i giornali titolano: “Ci siamo: studi a buon punto. Il vaccino sarà pronto presto“. Quando? Fra due mesi, a fine settembre, per Natale, l’anno prossimo.

E poi, questi studiosi li trovi ogni ora e in tutte le reti televisive pubbliche e private a parlarci di ciò che evidentemente non sanno. Ma se passano la maggior parte del tempo negli studi televisivi, mi chiedo, quand’è che fanno ricerca?”