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“Perché Sandremo è Sandremo!”

 

Bruno Vespa

Bruno Vespa

Non ce ne voglia Bruno Vespa – ci avete fatto caso? – ma lui proprio non riesce a pronunciare la parola Sanremo senza metterci in mezzo quella “d” di troppo. Curioso, ma capita a tutti una parola dalla pronuncia ostica nell’immensità del lessico nostrano.

Ricordo che da ragazzino, quando ricevevo da mia madre l’incombenza di annaffiare i vasi di fiori, usavo dire: “innaffio”, anziché annaffio. Senza rendermi conto dell’errore, e impiegando del tempo per correggerlo.

Allora, prendiamo spunto dal Sandremo di “vespana” espressione per parlare, appunto, di Sanremo. Del festival della canzone italiana di Sanremo. Di questa 67esima edizione.

Ascolti paurosi di questi tempi, con uno share di oltre il 50%. Alla faccia di quelli che sui social si vantano scrivendo: “Io Sanremo non lo guardo”. Con tanti che scrivono “San Remo”, dimenticando o ignorando che si sta parlando di una città e non di un santo.

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All’io Sanremo non lo guardo – scritto su Facebook con la valenza di: mica sono scemo e bigotto come tutti quegli italiani che lo fanno – ha risposto in modo appropriato il mio amico Sandro, chef a Marina degli Aregai che sta a un tiro di sputo da Sanremo con un secco: «E chi se ne frega!» (omettendo, per rispetto dei lettori, un intercalare fra chi e se che inizia con c….)

C’è, in molti internettiani, questa personale convinzione che a non guardare il festival si sia più intelligenti, superiori, al di sopra della massa. Un’autocelebrazione della propria cultura musicale così alta da non potersi “abbassare” al livello delle canzonette festivaliere. Mai sentita una bestialità più grande.

Sia chiaro, ognuno è libero di fruire della musica che preferisce. Libero di guardare o disertare questo o quel programma. Ma è inaccettabile la supponenza, l’equazione discriminatoria che si cela dietro all’affermazione “io non guardo…”

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Se qualcosa non mi piace. Non mi piace, punto. Me lo tengo per me, non cerco di fare proselitismo alla mia causa. Perché, tra le tante altre ragioni, rischio di fare proseliti ignari verso una causa sbagliata. Perché una cosa è la musica, tutta la musica, un’altra il proprio gusto musicale. È un po’ come la storia dei vegani che spaccano i “cabbasisi” ai carnivori.

Come se non bastasse, gli stessi internauti dell’io non… ce l’hanno a morte con Gigi D’Alessio. Sui social lo massacrano, spesso insultandolo e mancandogli di rispetto. Avranno avuto un orgasmo, l’altra sera, nell’apprendere della sua eliminazione. Accompagnata, fra l’altro, da nomi illustri come quelli di Ron, Al Bano e Giusy Ferreri.

Gigi D'Alessio

Gigi D’Alessio

Quel Gigi D’Alessio che invece andrebbe rispettato alla grande. Perché intanto è un artista e un professionista serio e capace. Perché è un artista che dà lavoro a un sacco di maestranze dell’indotto. Perché è un artista che ha saputo portare la melodia italiana nel Mondo. Perché è un artista che ha venduto 20 milioni di copie dei suoi dischi. E per tutto questo, e molto altro ancora, andrebbe rispettato.

Perché tu, che lo critichi e te ne vanti sui social, nella tua vita da tastiera consumata davanti a un video, quanti dischi hai venduto per permetterti d’insultare uno così?

Non è di tuo gusto? Benissimo, sacrosanto. Ascolta la musica che ti pare. Ma smettila di offendere solo perché c’è qualcuno che mangia carne mentre tu ami solo la verdura!

Giusto per la cronaca, questa la classifica finale del 67esimo Festival della canzone italiana  di Sanremo 2017:

1° – Occidentali’s Karma, cantata da Francesco Gabbani

2° – Che sia benedetta, cantata da Fiorella Mannoia

3° – Vietato morire, cantata da Ermal Meta

4°Michele Bravi, 5° Paola Turci, 6° Sergio Sylvestre, 7° Fabrizio Moro, 8° Elodie, 9° Bianca Atzei, 10° Samuel, 11° Michele Zarrillo, 12° Lodovica Comello, 13° Marco Masini, 14° Chiara, 15° Alessio Bernabei, 16° Clementino.