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Elezioni Politiche 2018: il non popolo torna al voto

“Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi'' diceva Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo Il Gattopardo

Ci siamo, ormai manca poco: due settimane e gli italiani potranno riprovare l’ebrezza d’infilare una scheda elettorale nell’urna per votare i propri rappresentanti in Parlamento. Qualcuno, mica tutti! Dopo cinque anni d’astinenza. Dopo quattro governi decisi non dal popolo ma dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Quattro golpe rossi, per qualcuno, di buon senso per qualcun altro.

Ricordate? Era il febbraio 2013 quando lo scioglimento anticipato delle Camere pose fine al mandato del Presidente Monti permettendo così a Napolitano che lo aveva messo lì senza far votare il popolo, d’instaurare il suo personale regno di centro-sinistra: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni (quest’ultimo incaricato dal Presidente Sergio Mattarella succeduto, nel frattempo, al re Napolitano). Un filotto di Presidenti del Consiglio che mai s’era visto prima in Italia, infilato senza interruzioni, senza elezioni – a parte la parentesi Letta – senza che il popolo potesse decidere chi dovesse governarlo.

In qualsiasi altro Paese del Mondo, una simile gestione del potere politico avrebbe scatenato una sollevazione popolare feroce. La gente sarebbe scesa in strada, avrebbe presidiato piazze e monumenti, bivaccato sotto le tende, innalzato cartelli e organizzato cortei. In Italia, no.

L’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

In Italia la gente è scesa in strada, come tutte le mattine, per andare al lavoro. E molti fra quelli che il lavoro non ce l’avevano più (per via della crisi mondiale, mica per colpa del Governo!), si sono sparati un colpo di pistola alla tempia o si sono impiccati per togliere il disturbo senza fare troppo baccano. Sommersi dalla vergogna. Ha presidiato le piazze il popolo italico sì, ma solo il sabato e la domenica per portare i figli a prendere il gelato. E sotto le tende ci ha bivaccato, certo, nei campeggi però, a luglio e agosto quand’era in ferie.

Però s’è incavolato. Tantissimo! Lo ha fatto sui social, al bar e al ristorante. Sotto gli ombrelloni, in spiaggia, era un continuo urlare e inveire contro il solito: “Governo ladro!” Nei talk show, in tv, era un continuo lamento contro gli inetti che governavano, con un fiorire di filmati e indagini che mostravano i nostri anziani in ginocchio. Letteralmente in ginocchio, chini sugli scarti dei mercati rionali per raccattare quel po’ di verdura che non si potevano permettere.

Milano – Anziani raccolgono gli scarti di frutta e verdura tra la spazzatura del mercato in Via Papiniano

Qualcuno, a onor di cronaca, ha provato a gridare e a ribellarsi, ma è stato condannato al più becero populismo, prima. Poi, ad essere insensibile allo sforzo immane dei nostri governanti che provavano in tutti i modi a portare il Paese fuori dalle sabbie mobili. Per arrivare ad essere etichettato come razzista e, ultimamente, come fascista.

E i nostri politici, armati dello slogan: “Ce lo chiede l’Europa”, hanno continuato imperterriti a starsene lì, al loro posto, a concedere mancette mensili a questa o quella categoria, pur di resistere. Pur di allungare la legislatura quel tanto che bastava per arrivare a maturare la pensione. Incapaci di dare davvero una svolta al Paese; incapaci a riscrivere una legge elettorale seria in grado di dare governabilità ai vincitori.

Foto d’archivio, una sfilata dei militanti di Casa Pound

E in questo clima a guadagnarci, oltre loro, sono stati gli estremismi e i populismi prontissimi a cavalcare la rabbia, l’impotenza e l’immobilismo di un popolo che popolo non è. Perché, da sempre, abituato a vivere dentro il castello del suo signore; a ragionare per lobby, corporazioni, raccomandazioni. Dunque, un non popolo, per nulla coeso, senza ideali di patria se non quelli personali. Incapace di fare squadra e di accettare chi non gli somiglia.

Fra due settimane questo non popolo tornerà alle urne per eleggere una parte dei suoi futuri governanti. Senza un senso comune di popolo, senza un’idea di Stato, senza una visione sul futuro, voterà come ha sempre fatto. Voterà per gli appartenenti al proprio castello, alla propria lobby, alla propria corporazione: unica strada percorribile per assicurarsi qualche raccomandazione.

Silvio Berlusconi, a Porta a Porta di Bruno Vespa su Rai 1, il giorno di San Valentino ha firmato in diretta un nuovo contratto con gli italiani impegnandosi, se vincerà le elezioni, a portare il tasso di disoccupazione in Italia al di sotto della media europea

Questa invivibile e inguardabile campagna elettorale, dove ogni partito promette riduzioni di tasse, innalzamento delle pensioni, aiuti alle famiglie, più occupazione, più servizi, migliore qualità della vita, sapendo benissimo che non potranno sostenere finanziariamente tutto ciò, ci porterà dove ci hanno portato tutte le altre elezioni: a mettere in atto la regola di Giuseppe Tomasi di Lampedusa espressa nel suo Gattopardo. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.