RUBRICA CUCINA & BONTON. Nei giorni scorsi San Benedetto del Tronto ha accolto, privilegio più unico che raro, il Maestro Gualtiero Marchesi. L’occasione è stata il conferimento del premio Riviera delle Palme. Un uomo di una cultura immensa, Marchesi, con l’umiltà di chi regala i suoi pensieri. Ora più che mai nuovi, visionari. Ricchi di spunti da cui trarre ispirazione.

Durante la premiazione, si è donato al vasto pubblico con la solita ironia. Ribadendo che la semplicità è la cosa più difficile da realizzare: “È nelle cose semplici che si trovano le cose grandi”.
Quando parla, gli allievi dell’Alberghiero di San Benedetto prendono appunti. Fanno domande. C’è un libro all’entrata: ‘Opere Works’ edito da Cinque Sensi. È un libro di immagini. Non di foto, attenzione. Sono le immagini di tutti i suoi piatti. Quanti? Tantissimi. Sono la storia della cucina italiana nel mondo.
Marchesi prima di decidere di fare il cuoco è stato sei mesi a bottega dai fratelli Troisgros. Lì ha imparato la tecnica. La capacità di conoscere la materia prima e di come trattarla. La sicurezza spavalda che permette di lasciare un filetto in padella e sapere ad occhi chiusi quand’è il momento di girarlo.
Accanto a lui, oltre all’amministrazione locale rappresentata da sindaco e assessori, c’è l’attuale segretario dell’Associazione della Riviera delle Palme, Edmondo Panaioli. Mi dicono i meglio informati, che c’è anche la più bella di San Benedetto del Tronto. Sono felice per Gualtiero. Con lui, sul palco, Giorgio Grai. L’enologo, il ‘naso’ italiano più celebrato dagli addetti ai lavori. A lui dobbiamo il nostro Verdicchio. Riuscì lui a fare il grande vino che è ora. Aprendo la strada. Giorgio è molto amico di Marchesi.
Il primo libro Gualtiero lo scrisse a casa sua. Fra un piatto inventato e tanti bicchieri da annusare e gustare. “Giorgio non beve, degusta – ironizza il maestro – Ed io non bevo più!” Partono gli applausi.
Un giovane dell’alberghiero gli domanda: “Come si fa a diventare Marchesi?”
“Studiare, studiare e studiare. Curiosità sempre. Inventare. Ma prima di inventare devi avere in mano la tecnica. Saper distinguere la qualità della materia prima e rispettarla nella cottura.”
Uno spettatore gli chiede: “Chi sarà il suo successore? Chi sarà il prossimo Marchesi?”
“Io sono unico, non ci sarà un altro Marchesi.” La risposta secca.
E per rendere ancora più efficace questa sua affermazione ci racconta di quando rivoluzionò il concetto di posata. Soprattutto della forchetta.
“Quella che abbiamo noi, sulle nostre tavole, è la forchetta da spaghetti. Italiana al 100%. Ma il risotto come lo mangiamo? Infilziamo i chicchi? Usiamo un cucchiaio come fosse minestra in brodo? Allora ho progettato la forchetta perfetta per il risotto e per tutte le pietanze da raccogliere e leggermente infilzare. È una forchetta che ha la forma delicata di un cucchiaio, tre rebbi corti. Infilza e raccoglie. Per la carne ho creato una forchetta con tre rebbi anch’essi corti. Perché la carne non deve essere infilzata troppo”.

Ascoltare Marchesi è un viaggio infinito. Gli applausi sono sinceri. Per cena il suo allievo ormai grande e vaccinato, Daniel Canzian, cucina 4 piatti storici le cui immagini sono nel libro. L’insalata di capesante zenzero e pepe rosa: a proposito di semplicità! Il celebre riso, oro e zafferano che, spiega Canzian, è un risotto alla milanese decorato da una foglia d’oro commestibile.
L’oro è un ingrediente molto amato dal Maestro. Oro, come purezza. Segue il merluzzo all’olio spinaci e limone, un classico sempre verde. E, per finire, la spuma di zabaione con spaghetti di riso.
Sono ricette datate che anni fa fecero parlare molto e le critiche si sprecarono. Oggi, io che di cuochi ne mangio ogni giorno, posso affermare che sono attualissime.
“Un’ultima domanda Maestro, la sua ricetta preferita?”
“Spaghetti freddi all’olio extravergine, caviale ed erba cipollina”. A proposito di semplicità.