RUBRICA L’AVVOCATO RISPONDE. Molteplici servizi giornalistici hanno riportato strazianti storie di bambini, adulti e anziani che hanno perso la vita sotto le macerie della propria abitazione nell’ultimo terremoto che ha colpito la nostra Penisola, coinvolgendo Lazio, Marche e Umbria.
Le calamità naturali sono una cosa, le sciagure dell’uomo altra.
Se le case private o gli edifici pubblici si sgretolano laddove esiste una chiara mappatura di rischio sismico, significa che prima della legge è mancato il buon senso. Se mai una Procura riuscirà a dimostrare che un impresario edile costruisce in violazione delle norme antisismiche, gli verrà attribuita una responsabilità di tipo penale. Colposa, se attiene alla mancanza di perizia o diligenza per avere sbagliato calcoli, o aver ritenuto che determinati quantitativi di materiale potessero dare una elasticità all’edificio in difformità a quanto attribuito dalle “leggi scientifiche”. Dolosa, qualora l’imprenditore abbia dolosamente omesso, fatto un’opera, promettendo qualità e funzionalità disattese a fini di lucro.
Per ora una cosa è certa: hanno pagato le vittime. I danni materiali, invece, spettano alla comunità. Sempre. Quando si verifica un terremoto, c’è un danno emergente e un lucro cessante. Per danno emergente si intendono i morti, i feriti, gli sfollati, lo smaltimento delle macerie; ma il danno incalcolabile, il lucro cessante, è la perdita di futuro.

Prevedere è meglio che curare non è soltanto uno slogan, significa anche quanto si tiene – sapendo che tutto è traballante – a verificare prima se tutto è a posto. Se la prevenzione costa 1 miliardo, per la ricostruzione ce ne vogliono 4. Quindi, non solo la spesa è 4 volte superiore, ma si è cancellato un Paese, creato morti, problemi psicologici ai superstiti, a chi ha perso un figlio, a chi è rimasto orfano.
Come si fa a non fare questo ragionamento? Che si condanni pure l’imprenditore per colpa se ha sbagliato a fare i calcoli, ma si consideri che i calcoli li ha sbagliati pure lo Stato, che ben conosce le criticità ma che, al pari dell’imprenditore (il dolo), che è mosso da intenti speculativi, preferisce risparmiare e non intervenire come dovrebbe. Sperando non arrivi mai un terremoto, o che, se ci sarà, diventerà un problema del governo a venire.
L’Italia, per l’incuria della manutenzione e della ristrutturazione in generale, sta buttando via il più grande patrimonio artistico del mondo e, alla fine, attraverso la tassazione o il taglio di risorse, presenterà il conto a tutti noi.