Il tema ritorna ciclicamente ad essere di pubblico interesse per via dei numerosi casi di uso delle armi per contrastare l’ormai endemico fenomeno delle rapine o dei furti in abitazioni private o esercizi commerciali.
I media raccolgono il malessere comune e si propongono quale “cassa di risonanza” per stimolare il legislatore a modificare l’art. 52 del codice penale che disciplina la difesa legittima che, se riconosciuta, manderebbe assolto chicchessia a seguito dell’uso di armi (e con ciò non solo quelle da sparo, bensì qualsivoglia oggetto contundente idoneo ad offendere, del pari, quanto alle armi bianche).
In realtà il fenomeno, che raggiunse l’apice mediatico nel 2005, portò il legislatore a febbraio 2006 ad aggiungere un comma, il numero 2, dell’articolo in esame, ritenendo legittima la difesa qualora fossero aggrediti beni propri od altrui quando il criminale non desisteva dalla propria azione, ovvero nella sua condotta, ponendo in pericolo d’aggressione.
Tale comma, ad avviso di chi scrive, altro non contempla che l’ovvietà estendendo la difesa a beni propri o altrui, ma lasciando sostanzialmente immutata la struttura della norma relativa alla legittima difesa affinché, chi si trova a difendersi, possa invocarne l’applicazione.
Pertanto gli elementi per poter non essere puniti nella commissione di un fatto lesivo od omicidiario sono:
- necessità di difendere un diritto proprio od altrui;
- il tutto con un pericolo attuale di una ingiusta offesa;
- la proporzione della reazione rispetto all’offesa di chi si introduce con male intenzioni in casa o presso il proprio esercizio commerciale, come in ogni altro luogo ove si eserciti la professione o le attività imprenditoriali.
Ne consegue che il primo requisito (necessità), sta a significare l’impossibilità di potere sviare il pericolo, cioè se si ha la possibilità di fuggire o di chiudersi in un posto sicuro, si ha l’obbligo di farlo rispetto all’istinto di andare incontro all’aggressore, e ciò anche se – in riferimento ad altri – posso aiutare qualcuno a scappare (es: entra in un supermercato un rapinatore, ho la possibilità di uscire dalla porta secondaria con i miei figli, lo devo fare, anziché estrarre l’arma e affrontare il malvivente).
Il secondo punto – l’attualità del pericolo – è requisito che rafforza il concetto di necessità di cui si è detto, essendo un elemento dirimente per valutare non solo la necessità di difesa di cui si è detto ma anche l’ulteriore elemento di cui si parlerà successivamente della proporzione tra offesa subita e difesa volta a contrastarla.
Tale circostanza – attualità dell’offesa ingiusta – risulta essere rilevatore della causa di giustificazione della difesa legittima.
Per capirci: se il rapinatore punta la pistola alla tempia della cassiera, non vi è dubbio alcuno che la sventurata dipendente si trovi in una grave situazione di pericolo imminente più che attuale. Anche in tal caso, l’agire tempestivo facendo fuoco sull’aggressore – seppur configura la legittima difesa altrui – per la ratio legis di cui diremo in conclusione, dovrebbe portare il detentore dell’arma a ragionare prima di agire. Il ragionamento dovrebbe essere il seguente: il rapinatore sta minacciando la cassiera solo per farsi dare i soldi o, con molta probabilità, la ucciderà? E se faccio fuoco e manco il rapinatore, oltre a mettere a rischio la vita della cassiera, vi è altresì il pericolo di coinvolgere anche altre persone?
Il terzo elemento, quindi, costituisce quell’ago della bilancia voluto per comparare l’azione, e non la condotta (poi spiegheremo la differenza sostanziale), del criminale aggressore con la condotta dell’azione di chi usa le armi volendo invocare la difesa legittima.
L’esempio di scuola è il seguente:
Se il rapinatore estrae un coltello e si trova a 10 metri dal primo soggetto minacciato posso scaricargli un intero caricatore della mia arma da fuoco?
La risposta è certamente negativa, poiché tra l’azione avviata dal rapinatore (estrazione dell’arma bianca, brandire la stessa urlando “fermi tutti questa è una rapina” è momento che ancora non attualizza quell’attualità di pericolo di cui si è detto, e quindi quella proporzionalità della difesa rispetto all’offesa). Del resto la frase del malvivente: “fermi tutti” dà il segno, l’invito, a che non accada nulla di male a nessuno.
Aiutato il lettore ad inquadrare l’area, il perimetro all’interno del quale si può invocare la non punibilità, rimandiamo lo stesso alla seconda parte dell’articolo (verrà pubblicato a fine marzo), dove esprimeremo il nostro parere sulla norma che, lo diciamo subito, riteniamo assolutamente corretta ed equilibrata.