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Quaquaraquà italici e serietà marchigiana

In TV i leader politici nazionali non perdono mai un’elezione. Più schietti e sinceri quelli delle Marche

22 settembre 2020 – Li avete visti ieri sera e questa notte, sia mentre affluivano i dati, sia quando sono giunti quasi definitivi e le bocce si stavano fermando? Tutti contenti, come al solito. Oramai ci sono abituato ma ogni volta mi arrabbio lo stesso. Perché non mi piace essere preso per i fondelli. Di che parlo? Ma del solito spettacolo da “tre palle un soldo” che ci dobbiamo sorbire in TV ogni volta che comunicano gli esiti elettorali sul piano nazionale. E chiamano sia i politici sia i giornalisti a commentare.

Durante le elezioni le TV scatenano le loro corazzate d’informazione politica facendo a gara a chi arriva prima a dare i risultati. E i politici che vi partecipano non perdono mai una tornata (foto sentimeter.corriere.it)

Cominciamo dai primi: tutti contenti, uno perché ha vinto (sul serio); uno perché non ha perso, nel senso che è rimasto com’era; un altro perché sì ha perso ma non tanto come prevedeva prima del voto; un altro ancora perché è un po’ dimagrito ma rappresenta l’ago della bilancia (come dire: o con me o la morte). Qualcuno dice che se quelli si fossero alleati avremmo vinto (come dire: se mio nonno avesse avuto le ruote sarebbe stato una carriola); qualche altro se la prende con la mancanza di organizzazione capillare del suo gruppo o movimento, altrimenti vi avremmo fatto vedere noi.

I secondi (i giornalisti): incominciano a parlare sul niente, perché è arrivato appena il primo exit poll, che sarebbe il niente. Eppure riescono ad imbastirci sopra dei discorsi che se organizzaste un convegno di alta filosofia, richiamando in vita i maestri del pensiero, dai presocratici greci, giù giù fino a Diego Fusaro (che dicono sia un filosofo di questi giorni), riuscireste a capirci qualche cosa di più e meglio di quel che dicono costoro spaparanzati su comodi divani.

Ma veniamo alle Marche. Debbo dare atto che in questa terra sono stati molto più seri. Infatti non si sono nascosti dietro ai numeri per funambolici esercizi dialettici del tipo  “alto gradimento” (ricordate la trasmissione TV di Renzo Arbore?). No, qui sono stati più professionali. I politici, intendo, perché i giornalisti non c’erano a commentare: non so se perché non ci sono voluti andare o perché non li hanno invitati. I politici dunque sono stati schietti e sinceri: chi ha vinto ha vinto e rideva; chi ha perso ha perso e la faccia che aveva era da funerale. Tutto nella fisiologia, dunque, risparmiandoci di dover assistere al festival dei quaquaraquà in salsa marchigiana.

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