Camerano, 29 giugno 2020 – Riceviamo in redazione, a firma del Movimento5 Stelle cameranese, un lunghissimo comunicato che ha come tema alcune riflessioni sul patrimonio pubblico locale. Quasi una lectio magistralis di tre pagine formato A4 che, se pubblicata integralmente, non leggerebbe nessuno. Sempre che a Camerano esista qualcuno davvero interessato al tema.
Per dovere d’informazione proveremo a pubblicarne un estratto cercando – cosa ardua – di coglierne i punti salienti. Scrivono i penta stellati cameranesi:
«In tema di consuntivo di bilancio economico del Comune, è evidente che una forza politica di minoranza come la nostra, in un contesto maggioritario come nella realtà locale, non ha potere di riforma ma esercita la sua funzione di controllo, di informazione e di richiesta di indirizzo politico nella gestione delle risorse. Al centro di una politica di bilancio deve esserci una visione di lungo periodo inerente lo sviluppo e la dinamica delle necessità della comunità locale.

Questa amministrazione non entusiasma perché si limita alla gestione dell’ordinario e manca una visione complessiva. Senza una politica della spesa e degli investimenti (nel benessere collettivo, obiettivo primario) vengono trasferiti nel tempo ed aggravati i problemi della comunità locale. Innanzi tutto serve una chiara ed urgente azione mirata alla trasparenza.
Di che cosa dispone il Comune di Camerano? Da un lato le entrate correnti derivanti dall’imposizione fiscale e trasferimenti e dall’altro il patrimonio. Chiediamo si faccia luce su quelle che sono le proiezioni delle entrate e delle spese 2020. Questo non dovrebbe essere complicato. Altro tema è invece il patrimonio comunale, i beni di tutti, che vanno dettagliati, aggiornati, mantenuti e valorizzati.
La composizione del patrimonio immobiliare del Comune va elencato:
- beni demaniali che comprendono strade, piazze, cimiteri, mercati, chiese, immobili d’interesse storico ed archeologico, parchi, aree e giardini pubblici, fontane, canali, acquedotti, mura e porte della città, diritti di uso pubblico, musei, pinacoteche;
- beni patrimoniali indisponibili, ovvero, gli immobili di uso pubblico per destinazione, quindi, edifici destinati a sedi di uffici pubblici, beni genericamente destinati al pubblico servizio, teatri, edifici scolastici, alloggi di edilizia residenziale pubblica;
- beni patrimoniali disponibili che sono invece gli immobili non più strumentali; in particolare, ai sensi dell’art. 58 c.2 del D.L. 112/2008, l’inserimento degli immobili nel piano delle alienazioni e delle valorizzazioni ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale.
Su questo patrimonio serve investire, iniziando con la sua gestione e manutenzione che non devono essere occasione di affari per il settore privato, anche se fosse per sola inerzia e incapacità di gestione dell’amministrazione pubblica. Considerando che esistono associazioni di volontariato, redditi di cittadinanza e progetti possibili di inclusione sociale, si deve ipotizzare la creazione di una reale struttura con dipendenti comunali che servono appunto a questi servizi.
Pensiamo ad esempio allo sport. Pensiamo all’arredo urbano, al verde pubblico, agli orti comunali, alle scuole, ai musei, ecc. Il patrimonio immobiliare pubblico è una risorsa di straordinaria importanza per la vita della comunità ma, troppo spesso, compromessa dalla storica mancanza di una strategia gestionale coerente nell’attuazione e realistica negli scopi. Dunque chiediamo di:
1) colmare il deficit conoscitivo del patrimonio pubblico come indispensabile premessa a qualunque azione;
2) consolidare e rendere organico un quadro normativo non esente da contraddizioni e ridondanze;
3) coniugare l’azione di tutela e di valorizzazione dei beni con la promozione dello sviluppo locale;
4) non alienare il patrimonio pubblico se ciò non è inevitabile.
Terminiamo il retaggio di una cultura amministrativa che considera il patrimonio pubblico per sua natura improduttivo e si sfruttino le enormi potenzialità del demanio pubblico per un progetto di società ospitale. Questo può avvenire se evitiamo, specialmente in una situazione di crisi, che il patrimonio pubblico sia considerato anche solo una mera risorsa economica e non un legante culturale e sociale:
“Sapiens nihil magis suum iudicat quam cuius illi cum humano genere consortium est” (Seneca, Ep. ad Luc., 8, 73)».
Bene. La chiudiamo qui. Abbiamo tagliato parecchio contenuto ma ci auguriamo di aver lasciato l’essenziale. In merito alla citazione di Seneca, confessiamo la nostra ignoranza: abbiamo provato a cercare la traduzione su internet ma è risultato un compito talmente arduo e dispendioso in quanto a tempo necessario che, come dicono a Bologna, “gliel’abbiamo data su”. Ergo: ci abbiamo rinunciato.
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