C’È UN CANE IN GALERA A CAMERANO
27 ottobre 2018 – Più che attenti al cane, sarebbe proprio il caso di gridare attenti all’uomo, dove uomo in questo caso sta per proprietario. Un proprietario/padrone, nello specifico. Un carceriere senza cuore e senza morale che, forte del suo essere razza dominante, decide a proprio piacere o interesse ciò che è bene o male per la vita di un essere di razza dipendente che, appunto, dipende da lui.
A Camerano, a cinque passi dall’area cani, c’è un gabbiotto costruito nel nulla: tre metri per due, pavimento in cemento, tetto di lamiera, rete metallica come pareti. Tutt’intorno qualche albero e qualche arbusto poi, come detto, il nulla.
All’interno di quel gabbiotto, 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno, da almeno quattro anni, vive una femmina di cane. Un cane da caccia. Un esemplare di razza inferiore, un paria, un emarginato che neppure nel carcere di prigionia a Guantánamo farebbe la vita che fa e verrebbe trattato come lo tratta il suo “padrone”.
Già, il suo padrone, un “signore” che gli fa visita una volta al giorno – 15 minuti cronometrati – per portargli del cibo, cambiargli l’acqua nella ciotola, spazzare in fretta le deiezioni per poi andarsene. Quel cane non ha neppure diritto alla sua ora d’aria, a una benefica sgambata, a due coccole, a giocare o fraternizzare con altri cani. No, niente di tutto ciò. Chissà quanti cani avrà ammazzato per essersi meritato una tale carcerazione forzata!
Nonostante qualcuno abbia provato a toglierlo di lì, chiamando le guardie zoofile, questa storia va avanti da anni nella totale indifferenza del mondo. Tutti conoscono la vicenda, compreso il sindaco, gli assessori, i carabinieri, buona parte degli abitanti, Nonostante ciò, quel cane continua da anni la sua reclusione.
Da qualche mese, sul collo, gli è comparsa un’escrescenza grossa come una palla da tennis. Probabilmente ha bisogno di cure. Ma continua a star lì, 24 ore su 24, nel suo gabbiotto a guaire. Senza un’ora d’aria e senza un conforto. Solo come un cane nel nulla assoluto! E nonostante tutto ciò, quando il suo carceriere arriva con il cibo trova comunque la forza di scodinzolare. Perché l’ingratitudine non gli appartiene, se l’è accaparrata tutta il suo carceriere.