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Una Festa dei lavoratori senza lavoro

Com’è cambiata la realtà operaia dal 1923 ai giorni del Covid-19

1 maggio 2020 – La Festa del Lavoratori (mi si consenta la elle maiuscola) che ricorre oggi, non è una ricorrenza solo italiana. Viene infatti festeggiata in gran parte del mondo e nacque come protesta nell’Illinois (Stati Uniti d’America), dove i lavoratori nel 1867 riuscirono a conquistare una legge che portava a 8 ore giornaliere l’orario di lavoro. Ma fu una conquista sanguinosa che, nel tempo) lasciò sul terreno decine di vittime sia tra i manifestanti sia tra le forze di polizia (manifestazione di Chicago, 1 maggio 1886).

In Italia, le prime proteste per l’abbassamento dell’orario di lavoro avvennero a Livorno nel 1888 sulla scia delle notizie arrivate da Chicago. Solo dopo decenni di battaglie operaie e lotte sindacali, le otto ore lavorative vennero dichiarate legali con il Regio decreto legge n. 692 del 1923.

Ma non sempre una legge garantisce il cambiamento nell’immediato. Nel ventennio fascista (1924-1944), la celebrazione del 1 maggio fu anticipata al 21 aprile in concomitanza con il Natale di Roma – Festa del lavoro, per essere ricollocata al suo posto nel 1945. L’1 maggio 1947 poi, ci fu la strage di Portella della Ginestra a Palermo, dove gli uomini del bandito Salvatore Giuliano spararono su un corteo di circa duemila lavoratori in festa uccidendone 14 e ferendone una cinquantina. (foto: celebrazioni del 1 maggio in Italia agli inizi degli anni ’50).

E non sempre ed ovunque una legge viene rispettata, specialmente nelle campagne. All’inizio del 1950 – e per molti decenni successivi – nel sud Italia si lavorava dal sorgere al calar del sole e non solo durante le stagionalità. E diversi padri, in altre faccende affaccendati, sul posto di lavoro mandavano in loro vece il proprio primogenito che spesso non aveva ancora compiuto quattordici anni (Matera, 1952).

Dal 1990, in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma, i sindacati Cgil, Cisl e Uil con la collaborazione del Comune per celebrare la Festa dei lavoratori hanno istituito un grande concertone rivolto ai giovani con la partecipazione di svariati gruppi musicali e cantanti.

Oggi, per la prima volta da allora, quel concertone trasmesso anche dalla Rai non ci sarà per le note vicende della pandemia da coronavirus e per i Dpcm emanati dal Governo che vietano gli assembramenti di persone a stretto contatto fra loro. E non si effettueranno in tutte le città i soliti cortei dei lavoratori per le stesse ragioni.

Forse, va bene così. Il Covid-19 sta mettendo in ginocchio la nostra economia con tantissimi posti di lavoro a rischio. Davvero, la gente avrebbe voglia di festeggiare? Anche perché, coronavirus a parte, non è che prima della sua esplosione i lavoratori a spasso o senza tutele non esistessero. Anzi! La pandemia non ha fatto altro che dare una ulteriore giustificazione ad uno status operaio in forte crisi. Credo, ma è solo una mia sensazione, che rispetto alle conquiste operaie del 1923 oggi i lavoratori sarebbero disposti a lavorare anche dieci ore al giorno pur di avercelo, un lavoro.