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Pane burro & marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione

PERCHÉ SANREMO È SANREMO – 1

1 febbraio 2019 – Ormai ci siamo, fra quattro giorni esatti a Sanremo (IM) partirà la 69esima edizione del Festival della canzone italiana targato Claudio Baglioni. Un Baglioni bis, dal momento che il cantautore romano ha condotto con grande successo anche l’edizione 2018 della kermesse nazionalpopolare più amata, odiata, chiacchierata, ignorata, snobbata e fortemente cercata da pubblico, cantanti, ospiti, giornali e radio-TV.

Un contenitore, quello che andrà in scena da martedì 5 febbraio al Teatro Ariston della caotica Sanremo, che da 69 anni attrae su di sé e intorno a sé il meglio e il peggio di tutto ciò che è “made in Italy”. Il meglio e il peggio delle canzoni in gara e dei suoi esecutori. Il meglio e il peggio dei suoi ospiti, dei suoi conduttori, delle case discografiche, dei produttori musicali. Il meglio e il peggio della Rai, che sul festival e per il festival investe decine di milioni di euro spalmati in cinque serate. Due delle quali ce le potrebbe tranquillamente risparmiare.

Da due mesi, almeno, la Rai ha messo a dura prova la pazienza dei telespettatori mandando in onda gli spot promozionali della kermesse che, senza offesa per i protagonisti, più stupidi e insensati di così non si poteva. Ma ormai  è un mantra: “Sanremo è Sanremo”, come ebbe a dire Piero Chiambretti inventando uno degli slogan più fortunati ed azzeccati della sua carriera. Con i suoi eccessi, le sue contraddizioni, le spese folli.

Quel che dispiace, ad esempio, è l’esclusione dalla gara di canzoni firmate da Pierdavide Carone che canta di pedofili, o da Francesco Guccini che racconta dei migranti: “Il compagno Baglioni, o chi per lui, non l’ha voluta” ha punzecchiato il celeberrimo cantautore modenese.

A guadagnarci, come sempre e com’è giusto che sia, sarà la città di Sanremo: i suoi alberghi, i suoi ristoranti ed esercizi commerciali vari, le sue associazioni musical-culturali, il suo casinò, che gravitano intorno e dentro al Festival cercando di accaparrarsi quanto più possibile in termini di profitto. Il suo proverbiale caos cittadino invece, che esiste 360 giorni all’anno, nei cinque giorni del festival verrà amplificato all’ennesima potenza.

Staremo a vedere quel che succede, e domenica 10 febbraio tireremo le somme e un lungo respiro di sollievo, perché Sanremo sarà anche Sanremo ma tutto ha un limite e cinque giorni della stessa minestra non sono facili da digerire.