09 Apr La libertà di poter tornare a casa…
La fragilità umana, il suo egoismo e quell’assurda convinzione d’essere invincibili
9 aprile 2020 – Fino a tre mesi fa, quando la guerra al Covid-19 era un problema che riguardava solo la Cina – cavoli loro, pensavamo, a noi che ci frega? – neppure ci sfiorava l’idea che saremmo arrivati ad una prigionia forzata con le nostre case trasformate in celle di detenzione. Fino a tre mesi fa, inconsapevoli e ignoranti, certi di una condizione d’invincibilità che l’uomo si porta dentro da sempre, così teso com’è sempre stato ad innalzarsi verso l’alto fino a credersi Dio, mai avremmo immaginato che a ridimensionarci sarebbe stato un miniscolo, invisibile, insignificante virus che neppure è vivo (fotocomposizione di CdC; foto del Covid-19 di Alissa Eckert).
Fino a tre mesi fa la nostra libertà d’azione non conosceva limiti o confini. Oggi, i nostri confini sono rigidamente delimitati dalle mura di casa o, al massimo, dal perimetro del quartiere. Fino a tre mesi fa i baci, gli abbracci e le strette di mano erano un’abusata normalità. Oggi, con l’uso obbligatorio della mascherina e il rispetto delle distanze, abbiamo imparato ad abbracciarci con gli occhi. Cambiano le abitudini, i rapporti, le sensazioni. Scrive l’amica Piera Alessio dalla Liguria:
“A mancarmi non è l’aria o lo stare all’aperto, piuttosto mi manca la sensazione di poter tornare a casa, di lasciare il mondo fuori e sentirmi al sicuro nel mio spazio, quello costruito a modo mio con tutti i suoi difetti e angoli intoccabili e non perché la sento come una prigione, ma mi chiedo quanto sia strano e ingiusto perdere anche le più banali emozioni e certezze.
E appena lo penso scatta un senso di colpa perché in quel mondo lasciato fuori per difendermi e difendere gli altri c’è una sofferenza che nemmeno posso immaginare e allora divento piccolissima, minuscola e mi zittisco per ascoltare la razionalità.
C’è un’impotenza di fondo che mi colpisce in pieno stomaco appena leggo o ascolto nuove terribili storie di vite spezzate o che si battono contro qualcosa di apparentemente invisibile. E non basta spegnere la tv per sentirsi meglio, rimane quel senso di frustrazione e rabbia, di dolore e di silenzio.
Vivere sola non mi è mai pesato, ma oggi mi sfianca una fragilità tutta umana che non riesco a condividere come vorrei, che dovrebbe far aprire gli occhi a chi ancora si ostina a sentirsi invincibile – o forse più furbo – non rispettando un’unica regola. E allora mi dico che non è (solo) un nemico invisibile quello da combattere, ma soprattutto l’egoismo di chi non viene turbato nemmeno dalla morte che segnerà questi giorni e la nostra memoria”.