05 Mag Covid-19, le inesattezze dei Tecnici della Scienza
Le categoriche ma sbagliate affermazioni degli scienziati all’inizio del coronavirus
5 maggio 2020 – Quando tutto è iniziato, intorno a fine gennaio primi di febbraio, c’è stata la corsa dei media al ricorso di tecnici e scienziati affinché spiegassero a noi comuni ignoranti (ma pure a chi ci governa) cosa fosse e come si sarebbe sviluppato il coronavirus. Da quel momento, la nostra ignoranza (e quella di chi ci governa) è stata messa a dura prova da saccenti esperti che, in realtà, non ne hanno azzeccata una. Sull’argomento, ecco un saggio riepilogativo del professor Armando Ginesi che scrive:
«Non si può essere contro la scienza. Significherebbe essere contro il pensiero applicato e, dunque, contro la stessa nostra natura. Ma non si può mitizzare la scienza. E sono sciocchi coloro che lo fanno. Ho conosciuto tanti medici bravissimi e, soprattutto, onesti con se stessi e con gli altri, i quali mi hanno sempre detto “La medicina non è una scienza esatta“.
Perché essa fornisce una verità fragile, transeunte, provvisoria. Nel momento in cui si afferma una “verità scientifica” (non solo di natura medica) da qualche parte nel mondo c’è chi ha già scoperto la sua smentita, il suo superamento. E mi ritorna alla mente la filosofia di Eraclito (tra il VI e il V secolo a.C.): tutto scorre, tutto diviene, tutto si trasforma (Pànta rèi).
Quanti stolti ho pure sentito affermare, con sciocca saccenteria, “è una verità scientifica, non si discute“. Presuntuosi, uomini che non possono definirsi scienziati, ma al massimo tecnici della scienza, artigiani del sapere.
Una prova di quanto sia esatto quel che affermo ce la sta dando l’attuale sciagurata circostanza di questo maledetto coronavirus. Riporto affermazioni categoriche di “scienziati” a cui noi poveri esseri mortali ci siamo rivolti, all’inizio del diffondersi del male, per saperne di più. Roberto Burioni ha detto il 2 febbraio 2020: “In Italia siamo tranquilli. Il virus non c’è. Il rischio è zero, preoccupatevi dei fulmini“; Filippo Luciani (4 febbraio): “Il coronavirus è meno letale dell’influenza. L’emergenza finirà in pochi mesi“; Massimo Galli (10 febbraio): “L’avanzata a livello globale è molto bassa. In Italia il virus non si diffonderà“; Giovanni Maga (19 febbraio) “Nelle prossime tre settimane gli infettati in Cina guariranno e quindi potrebbero azzerarsi i nuovi casi“.
E ancora, Maria Rita Gismondo (23 febbraio): “Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia“; Giovanni Di Perri (23 febbraio): “Quello che stiamo affrontando è un fenomeno infettivo simile all’influenza: frequente e banale“; Matteo Bassetti (26 febbraio): “Non bisogna fare nulla per difendersi dal virus. Certo non serve mettersi le mascherine“; Fabrizio Pulvirenti (27 febbraio): “L’epidemia influenzale è ben più grave e diffusibile rispetto al coronavirus“; Ilaria Capua (27 febbraio) “Questo virus è molto meno aggressivo di tante infezioni che conosciamo“; Fabrizio Pregliasco (12 marzo): “È difficile che un soggetto asintomatico contagi in modo significativo un’altra persona“.
Categorici, nelle loro affermazioni, dimentichi del saggio senso socratico secondo cui l’unica cosa che possiamo sapere è il sapere di non sapere. Dobbiamo essere a favore della scienza, certamente, ma non per mitizzarla e deificarla, memori di quel che ha scritto Karl Rahner e cioè che l’uomo abita sulla riva infinita del mistero e sopra di lui esistono misteri più grandi di lui. Lì risiede la verità indiscussa, quella vera, assoluta, che non muta».