Camerano, 26 marzo 2022 – «La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?», è probabilmente una delle più famose domande che Gigi Marzullo rivolge ai suoi ospiti nella trasmissione notturna Sottovoce. Sono tantissimi gli aforismi e le frasi celebri che riguardano i sogni dell’individuo:
“Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita” (William Shakesperare); “Se puoi sognarlo, puoi farlo” (Walt Disney); “Fate in modo che i vostri sogni divorino la vostra vita così che la vita non divori i vostri sogni” (Antoine de Saint-Exupéry) forse la mia preferita; “Devi avere un sogno per svegliarti la mattina” (Billy Wilder); solo per citarne alcuni. Dunque, l’avere un sogno da realizzare nella vita è da sempre considerato un fatto positivo, addirittura essenziale all’individuo per dare un senso ad un’esistenza altrimenti sciatta e vuota.
Ma cosa potrebbe accadere se rovesciassimo il concetto? Se, cioè, vivessimo in una società dove l’avere un sogno da realizzare anziché un fatto positivo fosse considerato una malattia? Una di quelle brutte, da curare, se mai fosse possibile? Di seguito un esempio, un post di un autore sconosciuto che la nostra lettrice sirolese Monika Bonifazi (che ringraziamo) ha pescato navigando nel profondo blu, rilanciandolo sulla sua pagina Facebook.
– Dottore, allora?
– Lei è la madre?
– Sì.
– Venga, parliamo un attimo di là.
– Ma sta bene?
– Ascolti, noi abbiamo fatto tutti gli esami a suo figlio ed è venuto fuori che qualcosa c’è.
– Oh, Dio.
– Signora, non voglio girarci tanto attorno. Gli abbiamo trovato un sogno.
– No…
– Temo di sì. È ancora piccolo, ma purtroppo non è operabile.
– Un sogno…
– Mi dispiace.
– Ma… ma è un bambino, com’è possibile?
– Non è raro che succeda così presto. Le cause possono essere diverse. Magari ha letto qualcosa, ha visto qualcosa in tv, su internet o magari una conversazione con gli amichetti… In famiglia avete casi di sognatori?
– Dio santo… non so… io… ho un fratello attore di teatro. Dice che è quello?
– Al momento non possiamo escludere niente. Certo che con uno zio attore…
– E adesso?
– Adesso possono succedere due cose: nell’80% dei casi quando lo prendiamo così presto il sogno tende ad atrofizzarsi e morire durante la crescita. Ma c’è un 20% di possibilità di degenerazione.
– Ma è solo un piccolo sogno.
– Adesso è piccolo, ma il sogno può crescere, autoalimentarsi e degenerare fino all’età adulta. A quel punto i rischi sono molto concreti. Potrebbe essere il suo grande sogno. E in quel caso è terminale.
– …
– Lo so, è difficile, ma è importante che lei sappia. Un giorno, suo figlio potrebbe volerlo inseguire questo sogno.
– Dottore, la prego…
– Io le sto solo descrivendo un possibile quadro clinico a cui deve prepararsi. Il sogno potrebbe svilupparsi e lei deve essere in grado di cogliere i campanelli d’allarme. L’insorgere di un interesse, un hobby che diventa passione e che malauguratamente lo scopre talentuoso. Un domani la passione si trasforma in lavoro e a quel punto è troppo tardi. Vede, il sogno colpisce gli organi vitali, prima il cuore e il cervello, e potrebbe finire per condannarlo a un’esistenza miserabile fatta di rinunce e delusioni.
– Ma può conviverci, giusto?
– Se fosse nato da un’altra parte magari le direi di sì. Ci sono nazioni, poche a dire il vero, in cui si può vivere dignitosamente anche con un sogno. Purtroppo, dobbiamo essere realisti, da noi la società non fornisce gli strumenti adeguati a convivere coi propri sogni. Consideri che potrebbe.
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