Camerano, 4 marzo 2023 – Forse, per capire davvero, il segreto sta tutto nel provare a mettersi nei loro panni. Certo, non basta il coraggio per prendere la decisione di lasciare tutto e partire alla cieca verso un ignoto pieno d’insidie, occorre anche una grossa fetta di disperazione e la visione-sogno di un futuro se non migliore almeno dignitoso.
Non potrai mai capire cos’è una persona se non provi a metterti nei suoi panni…
“Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar…” recitava un canto dedicato all’emigrazione italiana (riadattamento dell’antica ballata popolare: “La maledizione della madre”), diventato famoso verso la fine del 1800 quando i contadini italiani emigrarono verso l’America. Entrambe le versioni finiscono drasticamente, con la protagonista che perde comunque la vita.
Un’emigrazione, quella degli italiani d’allora, voluta e gestita dall’America che necessitava di mano d’opera a basso costo: sempre meglio del nulla offerto dalla Madre Patria (Fra il 1880 e il 1915 approdano negli Stati Uniti quattro milioni di italiani). Bastava trovare i soldi per pagarsi la traversata dell’Oceano in terza classe su un bastimento: “La prima classe costa mille lire/ La seconda cento, la terza dolore e spavento /E puzza di sudore dal boccaporto /E odore di mare morto…” canta la prima strofa di Titanic di Francesco De Gregori. Il costo del biglietto sul bastimento era inferiore a quello del treno per il nord Europa ed è questa la ragione per cui milioni d’italiani scelsero l’America.
Poi, l’arrivo negli Stati Uniti era caratterizzato dal trauma dei controlli medici e amministrativi durissimi, specialmente ad Ellis Island, l’Isola delle Lacrime, dove gli emigranti venivano registrati e quelli non in regola rispediti a casa. Tantissime le storie di persone che, reimbarcate per il ritorno in Italia, nella disperazione si buttavano nelle acque gelide della baia andando quasi sempre incontro alla morte. Chi superò i controlli mise radici in America e molti fecero fortuna. Furono tanti anche quelli che tornarono a casa (circa il 50%).
Ecco, alla luce di ciò, credo sia sbagliato paragonare l’emigrazione degli italiani di allora con quella degli extracomunitari di oggi, spacciando il concetto che – siccome noi siamo stati accolti in mezzo mondo – altrettanto dobbiamo fare con chi arriva da noi dal mondo extraeuropeo.
Prova a metterti nei loro panni. Almeno, in quelli di chi fugge da una guerra, da una persecuzione, da una carestia infinita e attraversa a piedi deserti e Stati per provare a concretizzare il sogno di una vita più sicura e un minimo dignitosa. Lo fanno senza essere invitati da nessuno, magari con la famiglia al seguito, per finire preda dei trafficanti di uomini nell’ipotesi migliore, o per finire in fondo al Mediterraneo nell’ipotesi peggiore. Con l’Europa che da anni si gira dall’altra parte, fa finta di non vedere i naufragi di tanti barconi, e lascia che migliaia di extracomunitari si trasformino in cibo per pesci. Gli stessi pesci che poi, non è da escludere, finiscono sulle nostre tavole.
Noi, oggi, dobbiamo accogliere gli extracomunitari perché qualunque vita umana in difficoltà va aiutata, a prescindere dalla nazionalità o dal colore della pelle. Il loro esodo verso l’Europa non è paragonabile a quello italico verso l’America, l’ho già detto: contesti storici e sociali completamenti diversi. Certo, quando le masse si spostano al loro interno si nasconde di tutto: gente per bene, furbi e malavitosi, anche se spesso sono le circostanze a rendere spacciatori gli extracomunitari che riescono a raggiungere l’Italia: in qualche modo devono pur mangiare, e se la macchina dell’accoglienza e del ricollocamento non funziona, le persone si arrangiano. Così come si arrangiarono gli italiani in America che fondarono la Mano nera, prima organizzazione clandestina che poi degenerò diventando la mafia americana di Al Capone e compagni.
Sono anni e anni che si va avanti così, con gli italiani che accolgono come possono tutti quelli che arrivano e con i politici che fanno di tutto per non trovare una soluzione all’accoglienza. Fermo restando che non tutti gli extracomunitari che arrivano in Italia possono essere assorbiti solo da noi. Sono stufo di tutti questi morti nel Mediterraneo dovuti ai tanti barconi naufragati, stufo dei sensi di colpa e dell’angoscia che, come cittadino del mondo, mi porto addosso e li accompagna.
Mi sono informato: un biglietto aereo low cost Baghdad-Milano costa dai 350 ai 500 euro circa; Kabul-Milano costa circa 860 euro; un posto su un barcone della disperazione a un extracomunitario costa dai 3 ai 6 mila dollari. Tanta, tantissima rabbia!
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