Pane Burro & Marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione


di Paolo Fileni

Pesaro, Capitale della cultura e adozioni gay

Due notizie che hanno fatto esplodere i commenti sulle pagine social

Camerano, 19 agosto 2023 – La città di Pesaro al centro dell’attenzione nazionale, e non solo perché sarà la Capitale italiana della cultura 2024 (“Una Capitale della cultura potrebbe avere meno buche nelle strade e meno cacche di cane sui marciapiedi?”, il commento di un utente sui social).

A dare risalto e visibilità alla città natale di Gioachino Rossini (1792-1868), è anche la notizia di ieri diffusa dal Corriere Adriatico di due papà che hanno adottato un bambino grazie al via libera del Tribunale dei Minori. Una sentenza definita “storica”, che porterebbe le Marche fuori dalla preistoria (“Forza Marche! Prima o poi ce la farete a uscire dal Terzo Mondo per diventare un luogo civile”, ha commentato una signora sempre sui social).

Ce n’è abbastanza per far esplodere migliaia di commenti pro o contro l’una e l’altra notizia sulle pagine Facebook, ormai diventate la vera agorà dove il popolo si organizza, discute, approva o condanna senza limitazione alcuna. Lo stolto e l’ignorante posto sullo stesso livello dell’intelligente e del colto. L’incompetente sullo stesso piano dello specialista.

Pesaro Capitale italiana della cultura 2024 è un’opportunità enorme per questa provincia, vedremo come sarà capace di gestire l’onere e l’onore. Se farà bene, a giovarne non sarà solo la città ma l’intera regione. Una rivalsa non da poco per i pesaresi nei confronti degli anconetani: il capoluogo di regione ci ha provato almeno tre o quattro volte a diventare Capitale della cultura senza mai riuscirci. Su questo piano, Matteo Ricci batte Valeria Mancinelli 1-0.

Sulla sentenza storica per le Marche che legittima e dà il via libera all’adozione di un bambino da parte di una coppia gay formata da due papà (un trentenne e un quarantenne della provincia di Pesaro), ci sarebbe da scrivere un libro. E l’unico ad avere voce in capitolo, l’unico che potrebbe dire se è giusto o sbagliato, se è lecito o illecito, è proprio il bambino in questione che voce in capitolo non ha.

Resta il giudizio sulla procedura che lascio agli utenti di Facebook, ma che qui esplicito. I due papà pesaresi due anni fa a San Diego in California hanno fatto ricorso alla Gpa – gestazione per altri – possibilità ammessa e regolata dalla legge californiana. Significa che, probabilmente per soldi ma non ne ho certezza, una donna americana si è fatta inseminare con gli spermatozoi di uno dei due papà per poi, dopo nove mesi, consegnare il neonato ai due papà.

In Italia però la doppia paternità non è ammessa. Infatti, la richiesta è stata impugnata riconoscendo al piccolo solo la paternità del padre biologico. L’altro papà, a questo punto, ha avviato le procedure per l’adozione e alla fine il Tribunale dei Minori gli ha dato ragione.

Restano tanti interrogativi esternati dagli utenti di Facebook: “Dov’è, in tutto questo, l’amore espresso all’atto del concepimento?” Un atto d’amore anche fisico, ovviamente. “Avendo due padri, a chi verrà affidato il figlio in caso di separazione?”. “Un uomo, può essere il surrogato di una madre quando è presente la figura del padre biologico?”. I favorevoli tagliano corto: “L’importante è che ci sia l’amore. Meglio crescere con due padri piuttosto che in un orfanotrofio”. Ma chi finisce in orfanotrofio o in una casa-famiglia un padre e una madre li ha comunque avuti, qui il bimbo è stato ordinato, concepito senza atto fisico con una donna scelta a caso, volontaria della gravidanza al servizio di terzi che è sparita subito dopo aver partorito. Detta così è brutale, lo so. Ma sono i fatti. Va bene così?

© riproduzione riservata     


Pane Burro & Marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione

di Paolo Fileni

L’estate 2023 durerà due giorni in più

I nostri figli la potranno raccontare ai nostri nipoti?


Camerano, 10 settembre 2023 – Mancano undici giorni all’inizio dell’autunno. No, pardon, ne mancano tredici in questo 2023. Perché? Questo perché la durata di un anno solare (365 giorni) non corrisponde esattamente all’anno siderale, cioè al tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro della sua orbita intorno al Sole, che è di 365,256 giorni. L’anno siderale è dunque circa 6 ore più lungo di quello solare. Da qui, l’inizio dell’autunno al 23 e non al 21 settembre.

Sia come sia, avremo due giorni in più d’estate quest’anno. L’estate più calda al mondo di sempre a detta di tanti specialisti del settore, puntualmente smentiti dal colonnello Mario Giuliacci, decano dei metereologi italiani. Che smonta anche la bufala dell’arrivo delle temperature a 50°. «Se così fosse stato, con valori reali e costanti, sarebbe stata una strage di anziani, un’ecatombe – ha dichiarato Giuliacci in un’intervista rilasciata a Libero – Al Nord invece siamo arrivati a 35, a Firenze e Perugia 36-37. L’unica città del centro in cui in queste ore potremmo arrivare effettivamente a 40 è Roma». Quando lo ha detto era il 20 luglio. Poi sono arrivate temperature altissime anche in Sardegna.

Che quella che ci sta per lasciare sia stata un’estate eccezionale, anomala per certi versi, lo testimoniano le temperature elevatissime e prolungate, i temporali a bomba e i nubifragi, le frane e gli smottamenti ripetuti, gli incendi in diverse regioni (molti dei quali dolosi) che l’hanno caratterizzata. Tutti accidenti che si ripetono ogni anno, per la verità, ma la sensazione è che l’accanimento di quest’anno sembra di gran lunga superiore ai precedenti.

Colpa del cambiamento climatico? Per certi versi sì, anche se questo genere di cambiamento è ciclico e sul nostro Pianeta si ripete a cadenze millenarie; se così non fosse non si spiegherebbero le varie ere glaciali della Terra. Fa paura, certo, perché il singolo individuo non ha memoria di questi cambiamenti del passato e ogni volta che arrivano vengono vissuti come eventi unici, catastrofici.

Colpa dell’uomo? Per certi versi sì. Pur essendo fenomeni naturali, dovuti all’oscillazione dell’asse terrestre, le colpe dell’uomo si riassumono nella sua ormai cronica incapacità nell’ascoltare e rispettare la natura. Da cinquant’anni almeno, nessuno draga più i letti dei fiumi; nessuno pulisce il sottobosco dall’accumulo di foglie stratificato; sono stati deviati i corsi dei fiumi e dei torrenti, incanalati e coperti da colate di cemento per guadagnare spazi edificabili; si è costruito là dove un tempo scorrevano – o addirittura a pochi metri dal mare – e dunque non dovremmo stupirci se quando piove i terreni collinari non assorbono più e l’acqua si riversa a valle trascinando con sé tutto ciò che trova. O se una potente mareggiata distrugge stabilimenti e case.

L’estate che sta per finire ci ha trasmesso per l’ennesima volta una serie di segnali inequivocabili, ma l’uomo (e i nostri governanti a tutti i livelli) stenta a recepirli, e di spendere soldi per arginare i cambiamenti climatici è un esercizio relegato in basso nelle priorità, un problema che si rimanda volentieri a chi verrà dopo. Ma chi verrà dopo sono i nostri figli che, se continuerà questo andazzo, un dopo non lo troveranno. Non ci sarà più un dopo da aggiustare ma solo un tempo che fu da raccontare ai nostri nipoti.

© riproduzione riservata              


link dell'articolo