Pane Burro & Marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione


di Paolo Fileni

Davvero vale la pena vivere in questo mondo?

Un altro mondo possibile l’avevamo ma l’abbiamo fatto morire

Camerano, 01 novembre 2023 – Ma davvero vale la pena vivere in questo mondo? Sempre più spesso mi pongo la domanda che, al netto degli accadimenti e del decadimento socioculturale che stiamo attraversando, non è affatto banale. Sarà che un altro mondo possibile l’ho vissuto davvero qualche decennio fa, quando tutto era più semplice e con una stretta di mano si comperava un toro di razza Fassona o si vendevano dieci ettari di terreno, certi che l’affare sarebbe comunque andato a buon fine anche se non c’era un contratto scritto: quello sarebbe venuto dopo, quel che contava davvero era la parola data.

Lo dico alle nuove generazioni che s’affacciano oggi al mondo del lavoro, e glielo giuro: c’è stato un tempo in Italia, qualche decennio fa, dove non era importante se perdevi il lavoro perché se avevi voglia e poca puzza sotto il naso il giorno dopo ne trovavi un altro. Non c’era la necessità di migrare all’estero. Non esisteva il precariato o il contratto a tempo determinato o i voucher.

Un tempo dove i giovani davano del lei agli adulti, agli insegnanti, al proprio datore di lavoro, ma non era sudditanza o schiavismo, si chiamava rispetto e molto spesso chi lo dava lo riceveva in egual misura. Giuro, era proprio così. Addirittura, c’è stato un tempo in cui un semplice operaio poteva accendere un mutuo per l’acquisto di casa senza garanti esterni. Milioni di operai poterono farlo. Lo so perché lo fece anche mio padre. Ma quella era una generazione che conosceva il valore del “fare sacrifici”.  

Quel periodo, che non tornerà più, non era arrivato per caso. Era stato la somma di decenni precedenti passati a far fatica nei campi, nelle risaie, nelle saline, nelle fabbriche. Decenni costellati di rinunce e sogni mai concretizzati perché ai primi posti nella scala dei valori c’erano la famiglia, i figli, la dignità. Quel che succedeva nel mondo contava poco, contava garantire un futuro a se stessi e al proprio nucleo familiare. Non c’era tempo per altro, per farsi la guerra o per condannare i costumi del vicino di casa.

Poi, all’improvviso, è successo qualcosa. Le strette di mano hanno perso valore, certi lavori gli italiani non li hanno voluti fare più, tutti protesi all’acquisizione di una laurea, di un benessere superiore, di uno status sociale dove essere contadini e/o operai semplici non era più contemplato. L’umiltà di certi lavori – comunque necessari alla sopravvivenza di una comunità – l’abbiamo demandata agli ultimi, fino ad arrivare a che gli ultimi fossero gli extracomunitari. Anche perché, essendo tanti, li si può sfruttare.  

Il profitto, in ogni sua declinazione, ha preso il sopravvento su tutti gli altri valori disgregando le famiglie. Il progresso tecnologico e social ha cambiato radicalmente quasi tutti i modelli del passato, portando precarietà e sempre meno riconoscenza del merito. Le classi politiche, preoccupate di non perdere consensi e di durare quanto più possibile, anziché intervenire hanno chiuso un occhio- se non entrambi – dando al popolo meschino non quel che era giusto ma quel che era conveniente. Producendo, in ultimo, quell’enorme debito pubblico che grava sulle spalle di 60 milioni di italiani, bimbi compresi, che castra in buona parte una sana e dignitosa gestione della cosa pubblica: pensioni, sanità e sviluppo.

Aggiungiamoci, in questi giorni, la Russia, l’Ucraina, Israele, la Palestina, la Striscia di Gaza, i due milioni di famiglie italiane (oltre cinque milioni di persone), che versano in povertà assoluta e quasi cinque milioni di italiani che percepiscono una pensione minima, ed ecco che la mia domanda iniziale ha un senso: “davvero vale la pena vivere in questo mondo?”

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Una striscia quotidiana di riflessione

di Paolo Fileni

Corriere del Conero: game over!

Dal 20 dicembre la testata sospende le pubblicazioni


Camerano, 25 novembre 2023 – Mi sta morendo un figlio, si chiama Corriere del Conero e ha sette anni. Era nato il 1° settembre 2016 e per tutto questo lasso di tempo ha vissuto con me, per me e dentro di me 24 ore su 24. Era nato per dare un senso alla mia professione di giornalista, alla mia passione per la scrittura, in parte per soddisfare un’esigenza ma, soprattutto, per informare uno spicchio di questa terra marchigiana che oltre a darmi i natali ho imparato ad amare come nessun’altra.

Era nato piccolo, piccolo: un sito web (www.corrieredelconero.it), e una pagina Facebook (@corrieredelconero), che all’inizio contava solo qualche decina di follower. Era nato – con sede e redazione a Camerano (AN) – per informare con pagine dedicate solo sei Comuni: Camerano, Castelfidardo, Loreto, Numana, Osimo, Sirolo. Poi, gli anconetani mi avevano scritto: “e noi?”. Così ho aggiunto una settima pagina, l’ho chiamata “Dal Mondo”, e lì ho potuto pubblicare notizie che riguardavano Ancona e le altre province di questa regione al plurale. Una scelta felice.

Da piccola, piccola, che era, questa mia creatura ha iniziato a crescere giorno dopo giorno, i vagiti sono diventati strilli di cronaca, editoriali, informazione pura, grazie anche ad una redazione omogenea composta da sei corrispondenti (uno per Comune), due redattori per lo sport, una fotografa, un web master. Passando, in sette anni, dai circa 50 follower iniziali sulla pagina Facebook ai 18.688 odierni, con diverse centinaia di migliaia di lettori giornalieri sparsi in regione e in tutt’Italia. Ma anche all’estero. L’articolo più letto in assoluto (un fatto di cronaca che riguardava Osimo), ha registrato in 72 ore oltre 500.000 lettori. Non male per una testata di provincia piccola, piccola.

Dopo sette anni di una vita professionale appagante, esaltante per certi versi, grazie alle tante gratificazioni ricevute dai lettori, oggi questo figlio ho deciso di farlo morire. Sul web è facile: un click e tutto sparisce. Un click e sette anni di lavoro duro – gratificante quanto vuoi ma davvero pesante – annegano in un nanosecondo nel profondo blu cobalto di Internet. Game over.

Game over: fine partita. Ma che gioco fantastico è stato! Il prossimo 20 dicembre Corriere del Conero sospenderà le pubblicazioni: sarà il primo Natale da sette anni a questa parte in cui mi sentirò disoccupato. Orfano di un figlio, ormai cresciuto, che ho avuto l’orgoglio, l’onore e l’onere di portare fin qui. È cresciuto bene. Così bene che una possibilità gliela devo: per qualche mese, prima di farlo sparire del tutto, lo metto a disposizione di chi vorrà rilevarlo.

Alla soglia dei settanta anni, è giunto il momento per me di lasciare il posto a qualche giovane editore e/o giornalista con la giusta voglia di fare. Il giornale ha ancora enormi margini di crescita: se c’è qualcuno interessato sono a sua disposizione, diversamente, entro due o tre mesi, schiaccerò quel pulsante e… amen.

Comunque andrà, mi corre un obbligo: dire grazie a tutti quei Cameranesi, Fidardensi, Loretani, Numanesi, Osimani, Sirolesi, Anconetani, Marchigiani, Italiani e Stranieri sparsi nel Mondo che in questi sette anni hanno dato fiducia e seguito alla mia creatura giornalistica. Senza di loro Corriere del Conero sarebbe stato uno sputo nel profondo blu; un insuccesso giornalistico e un’occasione mancata. Invece, grazie a loro, è stato un successo, una splendida realtà che mi porterò nel cuore come una delle iniziative più belle e riuscite della mia carriera professionale. Grazie!

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