Camerano, 25 febbraio 2023 – La lettera della preside Annalisa Savino del Liceo Leonardo da Vinci di Firenze, inviata agli alunni e per conoscenza alle loro famiglie, ai docenti, alla dirigenza scolastica e al personale Ata – che non riporto qui e scritta a seguito dell’episodio di violenza messo in atto da alcuni studenti davanti all’Istituto – ha fatto sorgere in chi scrive tutta una serie di domande.
Una di queste è: ma quanto siamo davvero liberi? Liberi di muoverci, di pensare, di prendere posizione, di decidere, di esprimerci. Possiamo cioè senza ombra di dubbio mettere in atto tutto ciò e perseguirlo? diamine, viviamo in una democrazia e la nostra Carta costituzionale dice che possiamo.
Un’altra domanda è: ma per quanto tempo ancora, l’Italia e gli italiani, continueranno a tirar fuori alla bisogna tutto quel trascorso che copre la fascia temporale che va dal 1925 al 1945? Sia chiaro, la storia è storia e va ricordata, studiata e mai dimenticata. Ma quel senso diffuso che quel periodo possa tornare a riaffacciarsi, e dunque usare il dubbio come arma politica contro un ipotetico nemico che con quel periodo non ha nulla a che fare, non è facile da digerire. Infatti, le forze politiche di maggioranza del centro-destra non l’hanno digerita. La lettera della preside, intendo.
In qualche parte del mondo, in modo sbagliatissimo, si cerca di cancellare la storia abbattendo statue, cancellando episodi, togliendo dai libri parole “scomode”. Ma la storia è storia, non la puoi cancellare eliminando certi “simboli”, certi vocaboli. I fatti restano. In Italia, ad ogni elezione politica, la sinistra ormai senza identità e irrimediabilmente lontana dalla classe dei suoi elettori storici, tira in ballo il fascismo per additare con questo termine i suoi avversari politici. Una pochezza di idee, programmi e identità, che gli ha fatto perdere consensi e credibilità.
Lo stesso errore commesso dalla preside dell’istituto fiorentino Leonardo da Vinci. Se i tuoi studenti fanno a botte a scuola, e tu vuoi condannare il fatto scrivendo al mondo il tuo pensiero, è bello e giusto. Quel che è brutto e sbagliato, è l’aver citato Gramsci incarcerato dai fascisti per condannare la violenza e la prepotenza di oggi. Una citazione che va benissimo nell’ora di Storia, non certo per condannare dei giovani violenti dei giorni nostri che con quel fascismo non hanno nulla da spartire.
Semmai, parla dei reati commessi dal fenomeno dilagante delle gang giovanili; parla della frustrazione dei nostri giovani ingabbiati in un mondo che non gli appartiene; del futuro che gli è stato rubato e rovinato, di quel lavoro promesso che non troveranno mai; di quell’educazione al rispetto del prossimo che neppure la scuola è più in grado di trasmettere. Parla di questo. E ti applaudirò.
Senza dimenticare che, da che scuola è scuola e mondo è mondo, a scuola abbiamo fatto a botte tutti: dalle elementari alle superiori. Dei gran cazzottoni liberatori con i quali si sono risolte un’infinità di dispute. Tutte iniziate, al di là della singola ragione o del singolo motivo, con la fatidica frase: “ti aspetto fuori, nel campetto dietro la scuola”. Alzi la mano chi non l’ha pronunciata almeno una volta, senza minimamente pensare a Gramsci e ai suoi aguzzini.
Ultimo appunto. Il ministro Valditara che ha criticato pubblicamente la missiva della preside scatenando le polemiche, ha perso un’occasione per fare silenzio: era il meno indicato ad entrare nel merito. Poteva parlare con la Savino in privato, non c’era bisogno di tanta pubblicità. Invece, è come se avesse detto alla preside: “ti aspetto fuori, nella piazza di fronte alla scuola!”
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