Roma – Andare per vigneti e cantine alla ricerca dei vini migliori. Mappare le bottiglie più buone, ma sconosciute, per metterle a disposizione di milioni di clienti. Pare proprio il lavoro dei sogni.
Come non immaginare una vita sulle colline della Toscana o del Piemonte, tra panorami paradisiaci e calici sempre pieni? Come non sentirsi un po’ Russel Crowe, in mezzo ai filari della Provenza e tra le braccia della bella Marion Cotillard, nel film “Un’ottima annata”?
Ma l’impresa che lo propone, una start up romana del settore, non riesce a trovare personale disponibile. Sarà che è richiesto il diploma di sommelier? Sarà che è necessaria la disponibilità a viaggiare per 250 giorni all’anno?
La notizia, rimbalzata sui social da una nota radio a livello nazionale, mette in luce la schizofrenia del mondo del lavoro, nella nostra penisola.
Da una parte non si trovano persone disposte a fare determinati lavori. Dall’altro, dilaga la fuga dei cervelli all’estero. Il mantra: in Italia non c’è più futuro, è sulla bocca di tutti. Ma, poi vengono fuori anche le situazioni come questa.
C’è un lavoro da favola, non posti in fonderia, ma nessuna risposta. Più che le Mille e una notte, possiamo parlare di Mille e una botte.
Di per se, soprattutto in questo caso, sembra un paradosso. Ma non sempre è così. A frenare i più potrebbero essere le condizioni contrattuali proposte, come l’impegno a viaggi massacranti. Si fa per dire. Alla stampa non viene rivelato.
Ma non importa, A noi piace pensare che per gli italiani il vino rimane relegato alla sfera del relax, del piacere, che per forza di cose, deve essere tenuto lontano dallo stress e dalla fatica.