22 Gen Sisma e neve – L’accanimento degli elementi e il coraggio degli uomini
Camerano – Un cielo grigio e triste, accompagnato da una leggera foschia, sottolinea questa domenica di gennaio alle pendici del Monte Conero. Fa freddo, e leggere folate di vento gelido portano fin qui il prodotto delle tonnellate di neve caduta in questi ultimi giorni su tutto il centro-sud d’Italia.
Sono passati solo quattro giorni dalle ultime, potenti scosse di terremoto del 18 gennaio. Seguite, in una sequenza temporale degna del più sadico dei registi, da un’infinità di neve caduta su paesini rasi al suolo, macerie non ancora sgomberate e anime già lacerate e senza più futuro.
Lontano da qui, dalle pendici cioè del Monte simbolo delle Marche. Un lontano prossimo, però. Perché sta giusto dietro l’angolo. Perché a separarci da Macerata, Ascoli, Pescara, L’Aquila, Rieti ci saranno non più di due ore di macchina: 230 km separano Ancona da Rieti. Una distanza che però si azzera quando la misuri con il senso di appartenenza, di solidarietà, con il senso del dovere e della fratellanza che spinge a correre in soccorso dei tanti disgraziati che si sono trovati al centro delle catastrofi.
Uno spirito di soccorso che si protrarrà nel tempo per mesi e mesi, almeno, stando alle parole della Commissione Grandi rischi: «Ad oggi non ci sono evidenze che sia in esaurimento la sequenza sismica iniziata con il terremoto dello scorso 24 agosto nell’Appennino Centrale, proseguita poi con altre scosse il 26 ed il 30 ottobre e, da ultimo, il 18 gennaio». Rincarando la dose e mettendo in guardia da possibili nuovi eventi ancora più intensi nelle zone vicine, fino ad una magnitudo 6 o addirittura 7.
Dichiarazioni che la Commissione ha rilasciato alle agenzie di stampa come l’Ansa, dove identifica tre aree contigue alla faglia principale responsabile della sismicità in corso, e che non hanno registrato terremoti recenti di grandi dimensioni. Tre aree che avrebbero il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo. Sono segmenti localizzati sul proseguimento verso Nord e verso Sud della faglia del Monte Vettore-Gorzano, e sulle aree già colpite dagli eventi di L’Aquila 2009 e Colfiorito 1997. Ipotesi degli esperti più che previsioni, ovvio – ad oggi è impossibile prevedere un evento sismico certo – che riportano all’evidenza il problema della sicurezza di alcune infrastrutture critiche quali possono essere le grandi dighe.
In quattro parole, a detta degli esperti, non è finita qui. Come a dire: uomo avvisato, mezzo salvato.
E tutto questo mentre le squadre di soccorso di Vigili del fuoco, Protezione civile e volontari sono al lavoro ovunque per riaprire vie d’accesso, portare soccorso e viveri alle persone e agli animali bloccati dalla neve. Numeri impressionanti fa sapere la Soup Marche (sala operativa unificata permanente): 538 uomini e 100 mezzi: turbine, lame, pale, bobcat, fuoristrada, spargisale, frese, autocarri. Ai quali vanno aggiunti i mezzi di Province e Comuni e le attrezzature leggere.
Un lavoro che prosegue senza sosta da giorni. Che si va ad aggiungere a quello fatto nei mesi precedenti e in parte azzerato dalla scossa del 18 gennaio e dalle abbondanti nevicate. Tutte le frazioni isolate nelle Marche sono state raggiunte, anche se in una decina le vie d’accesso non sono del tutto aperte. Le turbine a disposizione stanno lavorando in tal senso. In gran parte di queste manca ancora l’energia elettrica. Sono in corso verifiche sui fiumi e corsi d’acqua, in modo particolare sul Nera che viene monitorato in tempo reale. Al momento non si registrano situazioni di rischio esondazioni: i livelli sono gli stessi di un mese fa. Altro discorso sarà quando la neve inizierà a sciogliersi.
Sono quattro le stazioni di controllo a monte dell’abitato di Visso e fino a Castelsantangelo sul Nera, mentre gli altri fiumi della regione sono controllati da 165 centraline. Un monitoraggio più che sufficiente che garantisce di allertare i Comuni in tempo utile. Da Bolzano sono arrivate due frese; una turbina spartineve è arrivata da Modena.e sta lavorando tra Venarotta e Palmiano lungo la provinciale 83.
Ieri pomeriggio un elicottero dell’Esercito ha soccorso 23 persone recuperate a Valle Castellana (Teramo), dopo giorni di tentativi andati a vuoto per la troppa neve che ostruiva le strade. Isolate, al freddo, senza corrente elettrica, sono state finalmente raggiunte dalle squadre di soccorso provenienti da Teramo, Ascoli e Acquasparta. Portate nella frazione di Prevenisco e qui prelevate dall’elicottero.
Sono solo alcuni esempi dei cento interventi che si stanno operando in tutta la regione, ma danno il senso dell’impegno profuso e delle forze messe in campo per far fronte alle criticità. Certo, non mancano le polemiche. Come la turbina usata a Montemonaco per pulire la strada alla processione di San Sebastiano anziché utilizzarla per raggiungere le persone isolate. O le preoccupazioni, come quelle esternate dal sindaco di Ussita Marco Rinaldi: «Se in primavera non riportiamo la gente a fondovalle per Ussita è finita – ha detto Rinaldi – L’economia di queste zone è legata alla sua montagna e agli impianti sciistici, tenerli chiusi è motivo di rammarico infinito, in una giornata come questa avremmo incassato almeno 80 mila euro con gli impianti di risalita. Invece adesso la montagna è deserta, ci sono solo gli uomini dei soccorsi e i tecnici chiamati a valutare il rischio valanghe».
Tutto sacrosanto, ma non è ancora tempo di polemiche o preoccupazioni. Prima occorre terminare il lavoro di sgombero dalla neve di strade e frazioni. Portare soccorso alle persone e agli animali isolati. Tirare fuori da sotto le valanghe le persone imprigionate. E solo dopo, terminati i festeggiamenti per chi ce l’ha fatta o i funerali dei meno fortunati, solo dopo avrà senso dare la stura alle polemiche.
Sperando non ci si dimentichi e si premi adeguatamente l’immane coraggio e l’immenso, splendido, disumano lavoro di tutte quelle persone che hanno portato soccorso ovunque.