30 Mar Omicidio Sarchiè: ridotto a 20 anni l’ergastolo di Salvatore Farina, riconfermato invece per il padre
Ave Palestini, la vedova, si dice delusa e amareggiata dalla riduzione di pena. Ha paura per i figli
Ancona – È delusa e amareggiata Ave Palestini, la vedova di Pietro Sarchiè. È arrabbiata e ha paura, per sé e per i suoi figli, Jennifer e Yuri. «Perché questa giustizia non è giustizia» mormora sconsolata uscendo, ieri pomeriggio, dal Tribunale di Ancona dopo aver ascoltato la sentenza della Corte d’appello che, dopo circa tre ore di discussione in camera di consiglio, ha ridotto a 20 anni la pena dell’ergastolo inflitta in primo grado a Salvatore Farina. L’omicida di suo marito. Ergastolo confermato, invece, per Giuseppe Farina padre di Salvatore.
Pietro Sarchiè, nato a Porto San Giorgio e residente a San Benedetto del Tronto, sposato con Ave e padre di due figli, Yuri e Jennifer, 61 anni all’epoca dei fatti, era un venditore ambulante di pesce. Quella vita la faceva da 40 anni – era prossimo alla pensione – e prima di lui l’avevano fatta suo padre, sua madre, i suoi nonni e gli zii.
Una famiglia felice quella di Pietro, fino al 18 giugno 2014, quando nella sua vita sono entrati Giuseppe e Salvatore Farina, rispettivamente padre e figlio. Ufficialmente, muratore il primo, venditore di pesce il secondo.
Quel 18 giugno Pietro Sarchiè è stato assassinato a Sellano di Pioraco, nel maceratese, in un agguato che secondo la procura di Macerata gli è stato teso dai Farina: otto colpi di pistola di cui sei andati a segno e uno, quello mortale, sparato alla testa da distanza ravvicinata dopo che l’arma era stata ricaricata. Movente, eliminare la concorrenza del Sarchiè nella vendita del pesce.
Il pivellino ventenne (Salvatore Farina), che si mette a fare il venditore ambulante di pesce e che trova sulla sua strada un Pietro Sarchiè che lo fa da quarant’anni. Una concorrenza quasi impossibile da vincere, se non eliminando letteralmente e fisicamente l’esperto e stimato concorrente.
Ed è proprio questo che hanno messo in pratica i Farina padre e figlio quel maledetto 18 giugno 2014. E a questa conclusione hanno portato le indagini e le prove raccolte minuziosamente dalla procura maceratese: il finto incidente inscenato dai Farina per bloccare il furgone di Pietro; gli otto colpi di pistola sparati; il corpo di Pietro bruciato e sepolto in un cascinale abbandonato in frazione Valle dei Grilli a San Severino; il suo furgone frigo smontato in più di 150 pezzi sparsi ovunque… Con le celle telefoniche che avevano agganciato i cellulari degli assassini dimostrando che erano nello stesso luogo durante le fasi dell’omicidio.
Il 13 gennaio 2016 arriva la sentenza di 1° grado: ergastolo con isolamento diurno per i Farina per concorso in omicidio, poi ridotto al semplice ergastolo per via del rito abbreviato.
Ieri, in appello, la Corte ha confermato l’ergastolo in primo grado per Giuseppe Farina ma lo ha ridotto a 20 anni di carcere per Salvatore. A pesare sulla decisione della Corte pare essere stata la giovane età del reo e il fatto che fosse incensurato al tempo del delitto.
È amareggiata Ave Palestini, dopo aver ascoltato la sentenza. «Sono delusa dalla giustizia – ha detto ieri uscendo dal tribunale – A venti anni si è maggiorenni, altro che giovane età! E la premeditazione c’è stata eccome. Come fai a ignorarla? La posizione di Salvatore Farina è di concorso in omicidio. Lui era lì, insieme al padre, le celle telefoniche parlano chiaro. Sapevo del pericolo di una riduzione di pena per il figlio – ammette Ave sconsolata – ma mi aspettavo almeno 30 anni».
Ed è proprio qui il nocciolo della questione. Ave ha paura per i propri figli. «Quando il giovane Farina uscirà di galera – ragiona lucida – avrà meno di quarant’anni. E con tanta rabbia addosso che vorrà scaricare sui miei figli colpevoli, a suo modo di vedere, di tutto quanto ha passato. E non ci sarà nessuna giustizia a proteggerli!»
Una brutta storia davvero, dove la giustizia non fa bella figura, e che forse non finisce qui. Almeno, a detta dell’avvocato difensore dei Farina, Felice Franchi di Ascoli Piceno: «Le attenuanti generiche concesse al mio assistito – ha dichiarato – sono risultate equivalenti a tutte le aggravanti contestate. Valuteremo le motivazioni espresse nella sentenza e decideremo se fare ricorso in cassazione, in modo particolare per la posizione di Giuseppe Farina».
In altre parole, gli avvocati mirano all’assoluzione per Salvatore e alla pena minima per Giuseppe.
Sui social, stamattina, urla un post di Jennifer Sarchiè, la figlia della vittima: «Quando vi sta sul c…. qualcuno, o vi fa concorrenza e vi guarda brutto, chiamate un vostro figlio o un nipote e fategli ammazzare il nemico, magari sparandogli e bruciandolo tanto, se sei giovane, si va in galera per poco tempo…».