Parigi – Ora la Francia vuole i medici italiani per colmare la carenza di professionisti soprattutto nelle campagne del Nord. È dove fa più freddo e, come insegna il celebre film “Benvenuti al Nord”, nessuno vuole andare.
Fino a poco tempo fa, il fenomeno era casuale. C’era il dottore italiano che decideva di fermarsi dopo aver studiato all’università francese, o c’era quello che optava per il trasferimento perché sposato a una donna d’oltralpe.

Oggi è in atto una vera e propria campagna reclutamento sul modello di quelle delle agenzie di viaggio. Vengono ventilati stipendi sopra i 5000 euro al mese, accompagnati dalla descrizione turistica delle sedi carenti. Lo fanno i siti internet e le associazioni di categoria.
Si badi, i politici transalpini non sono rimasti alla finestra. C’è chi propone di abolire il numero chiuso all’università, c’è chi vuole potenziare la telemedicina e chi vorrebbe addirittura negare la convenzione pubblica a chi rifiuta le zone depresse.
Ma la nuova tendenza è già ben avviata e i medici italiani godono pure di buona fama.
A favorire l’emigrazione ci si è messa pure, in modo involontario, la burocrazia italiana. Allo stato attuale, da noi è impossibile il cambio generazionale. È stata la crisi del 2008, e il conseguente de-finanziamento, a indebolire fortemente il settore sanitario nazionale.
Come abbiamo scritto mesi fa: i dati Istat del settore sono drammatici. I camici bianchi che hanno chiesto al Ministero della Salute la documentazione utile per esercitare all’estero sono passati da 396 nel 2009 a 2363 nel 2014 (+ 596%). Nel 2015 per i soli laureati in Medicina e Chirurgia, il Ministero della Salute ha rilasciato 1112 attestati di conformità e 1724 attestati di good standing.
Potrebbe sembrare un paradosso, ma anche in Italia c’è carenza di camici bianchi.
Come riportato nella nostra inchiesta, lo scenario per i prossimi 10 anni è cupo. Andranno in pensione circa 47.300 medici specialisti e circa 8.200 tra medici universitari e specialisti ambulatoriali. A questi si aggiungono circa 14.300 precari tra tempi determinati e contrattisti alla ricerca di una stabilizzazione definitiva del loro rapporto di lavoro.
Non è forse il caso che anche i nostri politici inizino a interessarsi del problema? O forse, come al solito, si chiede troppo?