Senigallia – «Mi hanno chiamato faccia di scimmia, tempo fa, ma non ci ho fatto caso. Io so chi sono, quanto ho studiato, lottato, come rispetto le leggi. Non sono gli insulti che mi convinceranno ad andarmene da Senigallia dove ho incontrato razzisti ma anche gente di grande cuore. Quello che trovo inammissibile è perdere due posti di lavoro perché, a quanto mi hanno spiegato, la mia pelle nera dà fastidio».
Queste sono dichiarazioni di Fatima Faz Sy, la lavoratrice esclusa dal servizio presso l’Opera Pia Mastai Ferretti di Senigallia. Esclusa perché “il colore della sua pelle è un ostacolo per alcuni ospiti della casa“, dichiara la Cooperativa, nonostante la sua professionalità e le sue qualità lavorative non siano messe in discussione.

Anche la Cgil di Ancona entra nel merito della vicenda: «Riteniamo gravissimo quanto accaduto poiché il diritto al lavoro non può e non deve essere influenzato dal colore della pelle, specialmente quando, come per Fatima, lavorare rappresenta la possibilità di affermare la propria indipendenza come donna e l’opportunità di potersi ricongiungere con le figlie rimaste in Senegal».
Questo episodio, che sta facendo discutere gran parte dell’opinione pubblica in tutta la provincia anconetana, fa emergere la necessità, sempre più urgente, della diffusione di una cultura ispirata ai principi dell’integrazione e dell’inclusione, anche e soprattutto, nel mondo del lavoro.
Gli artt. 1 e 3 della Costituzione, recitano che è il lavoro lo strumento di riconoscimento sociale senza alcuna distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
«Come Cgil – continua la sigla sindacale – crediamo fortemente che per abbattere i muri delle intolleranze e dei pregiudizi il lavoro, tutelato e dignitoso, debba avere un ruolo fondamentale.
Auspichiamo che in futuro l’Opera Pia si ispiri ai principi della Costituzione, anche in armonia con un contesto territoriale in cui si colloca, da sempre riconosciuto come aperto all’inclusione. Ci auguriamo inoltre – conclude la Cgil – che la Cooperativa, come ha già dichiarato, si impegni a ricollocare la lavoratrice».
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