Ancona. Il magistrato Giovanni Spinosa da ieri è il nuovo presidente del Tribunale.

Molisano, sessantadue anni, arriva da Teramo dove ha ricoperto lo stesso incarico con risultati eccellenti.
In magistratura da 25 anni Spinosa, da pubblico ministero a Bologna, si occupò delle indagini sulla Banda della Uno bianca. È stato presidente di sezione penale in Calabria, giudice istruttore penale e componente della Direzione distrettuale antimafia a Bologna.
Ieri, prestando giuramento, si è detto: «Onorato di venire al Tribunale di Ancona dove operano ottimi magistrati, e dove c’è un ottimo rapporto con l’avvocatura». Avrà bisogno di tempo per entrare nel merito della realtà anconetana e dell’ufficio che preside di cui: «conosco solo i numeri – ha sottolineato il magistrato – che sono solo una faccia del problema. Le questioni importanti riguardano le relazioni fra le varie componenti che operano all’interno del Tribunale; la collaborazione tra i vari uffici, la sfida dell’innovazione tecnologica. E questi – ha concluso Spinosa – sono tutti elementi che si possono capire ed affrontare solo stando sul posto».

Giovanni Spinosa ha all’attivo vent’anni di servizio negli uffici giudiziari bolognesi, diciassette dei quali da pm, e un incarico come presidente della sezione penale del Tribunale di Paola (Cosenza), dove ha firmato la prima sentenza con cui una cosca di mafia – clan Muto – è stata condannata al risarcimento del danno in favore dello Stato per la lesione della sovranità statale sul territorio oggetto dell’occupazione mafiosa.
In magistratura dall’81, da giudice istruttore prima e da pm dopo, ha diretto le indagini sui sequestri di persona a opera dell’Anonima sarda avvenuti in Emilia Romagna nella seconda metà degli anni Ottanta.
Nelle stesse vesti e in stretta collaborazione con lo storico ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, ha svolto le prime indagini sulle associazioni mafiose legate ai Corleonesi insediatesi a Bologna e in Romagna a partire dal 1984: indagine su Salvatore Rizzuto, uomo d’onore legato a Pippo Calò; passando per il clan Rubino (1987-1988), fino all’inchiesta sulle bische che ha coinvolto Giacomo Riina, zio del più noto Totò, e Livio Collina (1990-1994). Si è inoltre occupato di diverse inchieste sulla ’ndrangheta, sulla stidda, sul doping nel ciclismo e sulla revoca della scorta a Marco Biagi, assassinato nel 2002 dalle Brigate rosse.
È stato titolare dell’indagine sui crimini della Uno bianca, consumati in Emilia Romagna tra il 1987 e il 1994. Nel 2012, ha pubblicato per Chiarelettere “L’Italia della Uno bianca“.