Ancona, 15 settembre 2019 – Si allargano le indagini sui falsi report sulla sicurezza dei viadotti gestiti da Autostrade per l’Italia, un’inchiesta nata dopo il crollo del ponte Morandi di Genova. Dopo gli arresti ai domiciliari di tre dirigenti di Spea e Aspi e sei misure interdittive, ora nel mirino degli inquirenti c’è anche un avvocato di Ancona: Fabio Freddi dello Studio Andreano.
Come pubblicato dal quotidiano ligure Primocanale.it, Freddi, il cui studio milanese è stato perquisito dalla Guardia di Finanza di Genova alla presenza del procuratore aggiunto Francesco Pinto e da un rappresentante del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, secondo gli investigatori sarebbe accusato di aver fatto acquistare ad Autostrade i jammer, i disturbatori di frequenza che permettono di non essere intercettati durante le conversazioni.

L’avvocato anconetano avrebbe acquistato i jammer attraverso la Muteki srl, una ditta investigativo-informatica con sede a Cesano Maderno. La perquisizione dei suoi uffici ha permesso agli investigatori di trovare e acquisire fatture per circa 60mila euro per la fornitura di apparecchiature elettroniche. Come se non bastasse, a testimoniare l’acquisto di dette apparecchiature da parte dell’avvocato Freddi ci sarebbero alcune intercettazioni telefoniche.
Da quanto sta emergendo dalle indagini in corso, Freddi sarebbe stato aiutato da Valentina Maresca, anch’essa indagata e membro dell’ufficio legale Spea. Sarebbe stata lei a contattare la Muteki dopo che si era perso uno dei dispositivi: «Non lo troviamo più – avrebbe detto la Maresca al telefono al rappresentante della ditta – non c’è un modo per rintracciarlo?» Inoltre, l’azienda e la Maresca avrebbero preparato i dipendenti per gli interrogatori a venire, suggerendo loro quello che avrebbero potuto dire e quello che avrebbero dovuto omettere, consigliandoli a parlare solo del Ponte Morandi.
In ultimo gli investigatori avrebbero scoperto – grazie ai dati registrati sul proprio computer da un dirigente di Spea che sospettava di essere usato da Autostrade come capro espiatorio e anch’esso indagato sui falsi report sui viadotti (dati riferiti a incontri e riunioni con i vertici Aspi) – che già nel 2017 le carte venivano truccate con l’obiettivo di ridurre i costi a scapito della garanzia di sicurezza dei cavalcavia.
Per quello che riguarda le Marche, i dati registrati sul computer del dirigente Spea parlano anche del ripristino del Cavalcavia 167 sulla A14, il viadotto Giustina, il cui crollo provocò la morte di una coppia di Spinetoli. In quell’occasione, a intervenire è l’ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Aspi, Michele Donferri Mitelli: «Devo ridurre i costi – avrebbe detto Donferri – Adesso te inventi quello che cazzo che te pare e te lo metto per obbligo».
Gli rispondono Lucio Torricelli Ferretti di Aspi (ai domiciliari insieme a Gianni Marrone e a Massimiliano Giacobbi di Spea), che provano a spiegargli che non è sufficiente inventarsi qualcosa, ma Donferri è irremovibile: «non ha alcuna rilevanza se sia vero o no».