La grande famiglia Garofoli celebra i trent’anni del Podium

Il Verdicchio della casa vinicola loretana inserito da Wine Spectator nel novero dei migliori cento vini al mondo

(articolo promozionale)

Loreto, 29 agosto 2023 – Elegante, fresco ma di grande struttura, ricco di profumi e di notevole longevità. È questo il Podium, il Verdicchio della Casa Vinicola Garofoli che quest’anno compie trent’anni ed è stato celebrato con un evento al quale ha partecipato tutta la grande famiglia Garofoli.

Brindisi del team Garofoli a bordo del caicco (foto, Alberto Camilletti)

È accaduto la scorsa domenica, 27 agosto, quando dal porto turistico di Marina Dorica il Podium è salpato a bordo di un magnifico caicco. Era questo vino, inserito da Wine Spectator nel novero dei migliori cento vini al mondo, il festeggiato e allo stesso tempo l’assoluto protagonista di un aperitivo che ha condotto fino al tramonto i suoi ospiti o meglio la sua famiglia, costituita dalle attuali generazioni Garofoli e dai collaboratori dell’azienda.

Tutti insieme hanno brindato al largo, regalandosi, prima che sia il mercato ad accogliere l’edizione numero trenta, un assaggio del fiore all’occhiello della casa vinicola marchigiana. «Un evento ricco di significato che unisce tutte le persone che da anni alla Garofoli producono il Podium e che, sin dalla sua nascita, contribuiscono a renderlo così speciale – dichiara Gianluca GarofoliL’essere insieme a bordo di una barca ha un significato non lontano da quello che è il senso del lavoro di squadra che si fa alla Casa Vinicola Garofoli tutti i giorni, il luogo che, appunto, diventa una “casa” nella sua accezione più intima».

Un’occasione speciale per un vino speciale. «Per il trentennale abbiamo voluto dedicare al Podium un’etichetta celebrativa che riportasse, accanto al trenta, elementi grafici evocativi della prima e storica bottiglia – spiega Caterina GarofoliUn tributo alle origini, per un vino che è e resta iconico per la nostra azienda, ma ancor più per l’Italia e il mondo intero».

La famiglia Garofoli (foto, Alberto Camilletti)

In questo lungo cammino a cavallo tra due secoli, a metterci cuore ed anima è stato anche il padre putativo del Verdicchio Garofoli, Carlo, enologo dell’azienda: «Nel 1993 scegliemmo di chiamare questo Verdicchio, ottenuto da uve provenienti dal nostro vigneto di Montecarotto, Podium. Volevamo richiamare il podio del vincitore, augurandoci che, dopo il Macrina e il Serra Fiorese, questo nuovo prodotto potesse riscuotere ancor più successo e così è stato. Tutti, dagli appassionati estimatori agli affezionati consumatori, passando dalla sommellerie all’autorevole pubblico di settore che lo incrociò per la prima volta al Vinitaly, rimasero stupiti già al primo assaggio».

E da lì in poi questo vino non si è più fermato. «Il Podium sin dalla sua nascita ha conquistato di diritto premi e riconoscimenti italiani ed internazionali – ricorda Gianfranco Garofoliun posto d’onore nelle letteratura e sulle pagine delle riviste specializzate di settore, fino a comparire nelle più celebri guide italiane ed internazionali».

Da una parte il passato, dall’altra il presente del Podium, rappresentato dall’uscita dell’annata 2021, che è stata salutata dalla festa a bordo del caicco dove sono saliti i collaboratori storici dell’azienda e i giovani innesti. Un gruppo che abbraccia più generazioni e più anime e si ritrova accomunato da un percorso lavorativo ispirato al miglioramento continuo. È questo lo spirito autentico che l’azienda, nata nel 1901 e cresciuta tra i Comuni di Loreto e Castelfidardo, ha coltivato insieme alle sue uve. Una realtà che tanto ha ricevuto ed altrettanto ha restituito, in un incessante dialogo con il tessuto socioeconomico di un intero territorio. Così ieri, fra sorrisi, brindisi e piacevoli degustazioni è andata in scena la dimostrazione del fatto che sono la condivisione e il lavoro di squadra a far grande la Garofoli.

 

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Pane Burro & Marmellata

Una striscia quotidiana di riflessione

di Paolo Fileni

L’estate 2023 durerà due giorni in più

I nostri figli la potranno raccontare ai nostri nipoti?


Camerano, 10 settembre 2023 – Mancano undici giorni all’inizio dell’autunno. No, pardon, ne mancano tredici in questo 2023. Perché? Questo perché la durata di un anno solare (365 giorni) non corrisponde esattamente all’anno siderale, cioè al tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro della sua orbita intorno al Sole, che è di 365,256 giorni. L’anno siderale è dunque circa 6 ore più lungo di quello solare. Da qui, l’inizio dell’autunno al 23 e non al 21 settembre.

Sia come sia, avremo due giorni in più d’estate quest’anno. L’estate più calda al mondo di sempre a detta di tanti specialisti del settore, puntualmente smentiti dal colonnello Mario Giuliacci, decano dei metereologi italiani. Che smonta anche la bufala dell’arrivo delle temperature a 50°. «Se così fosse stato, con valori reali e costanti, sarebbe stata una strage di anziani, un’ecatombe – ha dichiarato Giuliacci in un’intervista rilasciata a Libero – Al Nord invece siamo arrivati a 35, a Firenze e Perugia 36-37. L’unica città del centro in cui in queste ore potremmo arrivare effettivamente a 40 è Roma». Quando lo ha detto era il 20 luglio. Poi sono arrivate temperature altissime anche in Sardegna.

Che quella che ci sta per lasciare sia stata un’estate eccezionale, anomala per certi versi, lo testimoniano le temperature elevatissime e prolungate, i temporali a bomba e i nubifragi, le frane e gli smottamenti ripetuti, gli incendi in diverse regioni (molti dei quali dolosi) che l’hanno caratterizzata. Tutti accidenti che si ripetono ogni anno, per la verità, ma la sensazione è che l’accanimento di quest’anno sembra di gran lunga superiore ai precedenti.

Colpa del cambiamento climatico? Per certi versi sì, anche se questo genere di cambiamento è ciclico e sul nostro Pianeta si ripete a cadenze millenarie; se così non fosse non si spiegherebbero le varie ere glaciali della Terra. Fa paura, certo, perché il singolo individuo non ha memoria di questi cambiamenti del passato e ogni volta che arrivano vengono vissuti come eventi unici, catastrofici.

Colpa dell’uomo? Per certi versi sì. Pur essendo fenomeni naturali, dovuti all’oscillazione dell’asse terrestre, le colpe dell’uomo si riassumono nella sua ormai cronica incapacità nell’ascoltare e rispettare la natura. Da cinquant’anni almeno, nessuno draga più i letti dei fiumi; nessuno pulisce il sottobosco dall’accumulo di foglie stratificato; sono stati deviati i corsi dei fiumi e dei torrenti, incanalati e coperti da colate di cemento per guadagnare spazi edificabili; si è costruito là dove un tempo scorrevano – o addirittura a pochi metri dal mare – e dunque non dovremmo stupirci se quando piove i terreni collinari non assorbono più e l’acqua si riversa a valle trascinando con sé tutto ciò che trova. O se una potente mareggiata distrugge stabilimenti e case.

L’estate che sta per finire ci ha trasmesso per l’ennesima volta una serie di segnali inequivocabili, ma l’uomo (e i nostri governanti a tutti i livelli) stenta a recepirli, e di spendere soldi per arginare i cambiamenti climatici è un esercizio relegato in basso nelle priorità, un problema che si rimanda volentieri a chi verrà dopo. Ma chi verrà dopo sono i nostri figli che, se continuerà questo andazzo, un dopo non lo troveranno. Non ci sarà più un dopo da aggiustare ma solo un tempo che fu da raccontare ai nostri nipoti.

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