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Valeriano Trubbiani è volato in cielo

“Un artista vero non muore mai”. Suoi i Rinoceronti di Piazza Pertini ad Ancona

#Puntoduepuntipuntoevirgola

30 agosto 2020 – Ho appreso la notizia con dolore e sgomento. Valeriano non c’è più, se n’è andato via, sicuramente in cielo tra gli angeli a scolpire una vita che non è quella che ha vissuto qui tra noi mortali. Lui che già era immortale per la sua grande arte, quella che fece dire al notissimo critico francese Pierre Restany che Valeriano era il “più grande affabulatore del nostro tempo”. Fantasia e naturalismo rappresentato fino all’acribia sono stati la straordinaria sintesi che, da stupendo artista, ha saputo realizzare.

Siamo stati molto amici, noi due. Non ci vedevamo da tempo perché i malanni affliggono ognuno per suo conto e separano, a volte, temporaneamente, legami anche forti. Ma le tracce incancellabili del nostro rapporto sono lì a fare storia. Non me la sento, in tutta sincerità, di scrivere altro, per cui pubblico il capitolo che gli dedicai nel mio libro “Cinquant’anni attorno all’arte. Dalla A alla Z”, tratto dalla terza edizione del volume uscita dieci anni fa.

Da sx: Valeriano Trubbiani e Armando Ginesi, un’amicizia di vecchia data

“Quando ero un giovanissimo cronista d’arte (frequentavo il Liceo Classico di Jesi e praticavo il giornalismo), mi capitò di dover recensire la tradizionale mostra di arte che veniva ospitata all’interno della Fiera della Vallesina. Lo feci per la Voce Adriatica di Ancona. Tra le tante opere pittoriche esposte, una delle più belle era firmata Valeriano Trubbiani anch’egli, come me, alle prime armi. Ne scrissi dicendo che si intravvedeva, nel segno e nella forma del giovane artista i cui lavori vedevo per la prima volta, la tempra dello scultore. È stato proprio Valeriano a ricordarmi questa circostanza.

Quando Pierre Restany, il grande critico francese teorico del Nouveau Réalisme lo ha definito “Il più grande affabulatore del nostro tempo”, ha detto una cosa sacrosanta. Valeriano è, infatti, un narratore eccezionale di storie che vivono tra fantasia e realtà: fantastico è il mondo che esse evocano e materializzano sotto i nostro occhi; realistico, in modo acribico, è l’aspetto assunto dall’immaginario che si fa forma. L’universo delle idee dello scultore è popolato di fantasmi, gli stessi che si incontrano lungo i percorsi della vita che, nell’interpretazione manipolatrice dell’artista, diventano metafore dell’esistenza.

I Rinoceronti di Trubbiani in Piazza Pertini ad Anona (foto ecomarchenews.com)

La nostra frequentazione risale al tempo dell’Accademia di Belle Arti di Macerata dove insieme insegnavamo, io storia dell’arte e lui scultura, dunque a metà circa degli anni Settanta. Si è trattato, all’inizio, di un rapporto di conoscenza e di colleganza piuttosto formale, senza una particolare dimensione amicale. Del resto, Trubbiani è piuttosto cauto nel regalare segni di familiarità: teme i trabocchetti del mondo, forse perché ne ha fatto spesso amara esperienza. Ma poi, dopo anni, dopo esserci reciprocamente conosciuti in modo più approfondito, dopo esserci studiati e forse un po’ pesati, la relazione si è fatta solida.

Oggi credo di poter dire che tra noi esista un’amicizia vera, fatta di frequentazioni non assidue, ma capace di riaccendersi ad ogni occasione di incontro. La ragione di tutto ciò penso risieda nel fatto che, dopo esserci meglio conosciuti, abbiamo cominciato a stimarci. E forse più passa il tempo e più la stima cresce.

Ci sono due episodi, nella storia del nostro legame, che mi hanno particolarmente toccato: due prove, da parte di Valeriano, di grande considerazione e amicizia nei miei confronti. Risalgono rispettivamente al maggio e all’ottobre del 1999. Il primo caso ha riguardato la visita ad Ancona di Papa Giovanni Paolo II. Nella cattedrale di San Ciriaco fu previsto che, prima della celebrazione dell’Eucarestia, il Pontefice benedicesse una croce astile realizzata dallo scultore. Naturalmente la cerimonia fu molto solenne e gli inviti erano stati contingentati, in quanto sotto le volte della splendida chiesa romanica non potevano entrarci tutte le persone che lo avrebbero desiderato. Ma Trubbiani volle che io sedessi accanto a lui, assieme a mia moglie e al suo fedele amico e finissimo scrittore Paolo Biagetti, nella prima fila degli invitati laici, subito dietro quella degli alti prelati.

Il secondo episodio si è svolto a Loreto in una situazione pressoché analoga. Inaugurazione della criptica ripristinata del Santuario. Anche in questo caso si doveva benedire una croce processionale di Trubbiani donata alla Santa Casa dai Cavalieri del Santo Sepolcro. Ed anche in questo caso accanto al Maestro, su suo esplicito invito, sedevamo Biagetti, mia moglie ed io”.

Queste cose non credo che abbiano bisogno di commento. Accadono perché, alla loro base, esistono motivazioni serie che le fanno accadere. Come vedete ho mantenuto i verbi al presente. Perché un artista vero, come Valeriano, non muore mai.

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