Camerano – La processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa – Michael Denis e Ignaz Schiffermüller, 1775), è un lepidottero appartenente alla famiglia Notodontidae, diffuso in Eurasia e Nordafrica.
Si tratta di un insetto altamente distruttivo per le pinete poiché le priva di parte del fogliame, compromettendone così il ciclo vitale. Inoltre, durante lo stadio larvale tale insetto presenta una peluria che risulta particolarmente urticante per vari animali, compreso l’uomo.
Da giovane si presenta come una larva lunga da 1 a 3 cm e mezzo, dotata di numerosi peli irritanti per l’uomo che usa come tecnica di difesa.
I gruppi di larve di processionaria si spostano quasi sempre in fila indiana formando una sorta di “processione” (da cui il nome), e si compattano quando raggiungono il loro nido bianco di seta. ricostruirlo.
Adulto
Le cosiddette “farfalle triangolari” non sono altro che processionarie adulte e, sebbene siano notturne, non entrano molto facilmente nelle case abitate.
Con un’ordinanza datata 14 febbraio, il sindaco Del Bello ricorda: “a tutti i proprietari di aree verdi e agli amministratori di condominio che abbiano in gestione aree verdi private sul territorio comunale di effettuare, entro quindici giorni dalla pubblicazione – dunque, scadenza venerdì 3marzo – tutte le opportune verifiche ed ispezioni sugli alberi a dimora nelle loro proprietà, al fine di accertare la presenza dei nidi della processionaria del pino. In particolare, sulla specie di alberi soggetta all’attacco degli infestanti: Pino domestico (Pinus pinea), Pino d’aleppo (Pinus halepensis), Pino silvestre (Pinus silvestrys), Pino nero (Pinus nigra), Pino strobo (Pinus strobus).
Nel caso si riscontrasse la presenza di nidi della processionaria – specifica l’ordinanza – si dovrà immediatamente intervenire con la rimozione e la distruzione degli stessi, e con l’attivazione della profilassi, rivolgendosi a ditte specializzate.
È fatto assoluto divieto di depositare rami con nidi di processionaria nella varie frazioni di rifiuti a circuito comunale. Le spese per gli interventi sono a totale carico dei proprietari interessati”.
Ma come nasce la processionaria?
La Traumatocampa pityocampa dopo l’accoppiamento depone le uova sulla chioma di alcuni tipi di conifere, formando dei caratteristici manicotti attorno ad ogni coppia di aghi. Tra fine luglio e fine agosto si possono trovare le prime larve neonate, che durante l’autunno formeranno i nidi sericei: l’alimentazione di questi “animaletti” sono gli stessi aghi su cui nascono.
L’infestazione da processionaria si evidenzia sulle chiome degli alberi, anche piantati in giardini pubblici o privati, sui rami più alti ed esterni a causa dell’esposizione ai raggi solari, che permettono al maggior numero di larve di superare l’incubazione. Questi nidi sembrano grossi bozzoli cotonosi che al loro interno racchiudono centinaia di larve ormai prossime alla maturità.
Durante l’inizio della primavera, a seconda delle condizioni climatiche, le larve abbandonano i nidi e si dirigono verso un luogo adatto in cui interrarsi e trasformarsi prima in crisalide e poi in adulto.
Il nome processionaria deriva dal fatto che le larve si muovono, durante questa fase, in lunghe file come se camminassero in processione.
Solitamente, esse misurano circa 3-4 centimetri, sono ricoperte di peli urticanti che emettono una sostanza fortemente caustica qual è l’acido formico, e possono causare serie irritazioni della pelle o delle mucose e in soggetti sensibili anche gravi reazioni allergiche.
Metodi di lotta
In Italia dal 1998 la lotta a questo insetto è obbligatoria nelle aree ritenute a rischio infestazione (Decreto Ministeriale 17.04.1998, poi abrogato e sostituito con D.M. 30.10.2007, pubbl. in G.U. 16 febbraio 2008, n. 40.).
Questo pericoloso lepidottero può essere combattuto utilizzando diversi metodi: innanzi tutto con trattamenti insetticidi diretti sulle larve all’aperto: il nido, infatti, neutralizza l’efficacia del trattamento. Per l’eliminazione delle larve morte, occorre comunque utilizzare la massima cautela; anche se il metodo migliore consiste certamente nel bruciarle, i residui carbonizzati risultano ugualmente urticanti, perciò è da evitare il rimanere sottovento o nelle vicinanze del falò, soprattutto con parti del corpo scoperte (compresi viso e occhi).